venerdì 1 gennaio 2010

Taglia da 150mila euro su Gennaro Marino

Gennaro Marino è stato considerato, dagli inquirenti della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, il capo dell’ala militare del clan degli “scissionisti”, durante la faida di Secondigliano. Ex fedelissimo del boss Paolo Di Lauro, si unì a Raffaele Amato – anzi, secondo alcuni pentiti sarebbe stato egli stesso a fomentare la rivolta – nella guerra contro i figli del padrino di via Cupa dell’Arco. Responsabile della piazza di spaccio delle Case celesti, che fruttava – stando alle parole del collaboratore di giustizia Maurizio Prestieri – un guadagno per Ciruzzo ’o milionario di almeno trecento milioni di lire a settimana, Marino venne coinvolto nel 1993 nelle indagini su un quadruplice omicidio, avvenuto a Melito nell’ambito del conflitto tra i Di Lauro e il gruppo di Ernesto Flagiello, per la gestione delle aree di smercio della droga nell’hinterland nord della città. Uscito indenne dall’inchiesta, riesce a evitare anche la prima grande retata contro la cosca, che – con il padrino in fuga – lascia l’organizzazione nelle mani di Cosimo, Ciro e Marco Di Lauro.
Il 24 novembre 2004, viene catturato in un blitz del commissariato Scampia all’interno di un appartamento al tredicesimo piano di un edificio, in via Fratelli Cervi. Con lui, alla riunione, ci sono – tra gli altri – Gennaro e Raffaele Notturno e Arcangelo Abete. In pratica, mezzo stato maggiore del gruppo ribelle. Tutti finiscono in manette con l’accusa di armi e associazione camorristica. Il sospetto degli investigatori è che quel summit dovesse servire a pianificare l’offensiva finale contro i Di Lauro, per sterminarli con le bombe a mano e i fucili mitragliatori.
Marino – conosciuto con il soprannome di Genny Mckay a Secondigliano – trascorre in galera la parte più feroce della battaglia, nel corso della quale perde, per mano dei killer nemici, il cugino Massimo e il padre Crescenzo, ammazzati nel giro di tre settimane l’uno dall’altro.
Nel corso delle indagini sulla faida, si scoprirà che Cosimo Di Lauro aveva messo una taglia di 150mila euro sulla testa di Gennaro Marino. Nel maggio scorso, è stato raggiunto da una ordinanza di custodia cautelare in carcere – insieme a Raffaele Amato, Rosario Pariante, Enrico D’Avanzo e allo stesso Paolo Di Lauro – per la faida di Mugnano, in cui furono decimati gli esponenti della banda criminale capeggiata da Antonio Ruocco.

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