venerdì 1 gennaio 2010

Il clan degli "scissionisti"

Il clan degli “scissionisti” di Secondigliano ha conquistato, nelle informative delle forze dell’ordine e nelle inchieste della procura antimafia, un posto di assoluto rilievo nello scacchiere criminale cittadino. Il potere finanziario e l’enorme numero di affiliati che lo compone sono caratteristiche che possiedono ben pochi gruppi malavitosi, in provincia di Napoli e in Campania. Non è dunque azzardato parlare del cartello degli “spagnoli” come una delle formazioni mafiose più ricche e agguerrite del Sud Italia.
La ragione è semplice: i contatti con i trafficanti internazionali coltivati negli anni dal boss, Raffaele Amato, la capacità di introdurre in Italia tonnellate di cocaina, senza particolari rischi, e il prestigio conquistato con la distruzione di una cosca potente qual è stata, per vent’anni, quella diretta da Paolo Di Lauro, non possono non apparire, agli occhi del mondo della delinquenza organizzata, come vere e proprie “forme di garanzia”.
I pentiti che negli ultimi anni si sono succeduti a raccontare l’evoluzione dell’organizzazione, l’origine della faida e i protagonisti della furibonda battaglia con Ciruzzo ‘o milionario, hanno offerto, infatti, un quadro assolutamente realistico della forza degli “scissionisti” sia dal punto di vista militare che finanziario.
I RAPPORTI CON LA COLOMBIA – Racconta il collaboratore di giustizia Andrea Parolisi, a proposito dei rapporti tra Amato e i narcos colombiani: «Nel 1994-1995 so che Paolo Di Lauro diede incarico a Raffaele Amato di rivolgersi direttamente in Colombia per acquistare la cocaina. Il contatto con il colombiano era stato fatto dallo stesso Amato in Spagna, visto che al tempo lui faceva droga per conto di Di Lauro insieme a gente di Casoria e di Casavatore. Questo colombiano gli fece conoscere altri soggetti in sud America… durante la trattativa e sino all’avvenuta consegna dei soldi provenienti da Di Lauro, Raffaele Amato era rimasto nelle mani dei trafficanti colombiani a garanzia dell’affare. Questi ultimi vista l’affidabilità dei Di Lauro e dello stesso Amato avevano poi intrapreso consuetudinari rapporti con questi soggetti per affari di droga senza bisogno ogni volta che Amato fosse dato fisicamente a garanzia dell’affare. Recentemente Amato in Spagna ha i contatti con i suoi appoggi colombiani».
LA NASCITA DEL CLAN – È Giuseppe Misso jr, invece, a raccontare le origini della faida e la contrapposizione armata con il gruppo di via Cupa dell’Arco, nell’interrogatorio del giugno 2007: «A Raffaele Amato fu intimato, da Cosimo, di abbandonare proprio il territorio di Napoli facendo intendere che l’avrebbe ucciso se non l’avesse fatto e che egli non si motivava a tale gesto per rispetto del padre Paolo che sapeva avere grande affetto nei confronti di Amato, che per suo conto gestiva i canali di approvvigionamento di droga dalla Spagna dove confluiva anche quella proveniente dal Sud America. Amato fece buon viso a cattivo gioco e si allontanò. Dalla Spagna si mise in contatto con i capi… facendo leva sull’irragionevolezza di Cosimo. Egli riuscì a portare dalla sua parte queste persone che non sopportavano di essere comandate da un giovane. Posso dire questo che è la stessa cosa che è capitato all’interno del nostro clan e da cui poi è scaturita la cosiddetta faida della Sanità. La strategia di Amato ebbe vita facile anche in conseguenza del comportamento tenuto dal Cosimo sin da quel lontano 2002 nel senso che lui, stante la sua giovane età, non comprese che avrebbe dovuto parlare con questi anziani e mediare con loro visto che egli aveva desiderio, a differenza del padre che voleva coltivare solo l’aspetto del riciclaggio e quindi dell’investimento delle ingenti ricchezze provento di droga, anche e soprattutto l’aspetto militare del clan egemone a Secondigliano. Egli cioè voleva essere un capo indiscusso e non come aveva fatto il padre quella persona che aveva consentito ad altri malavitosi di gestire autonomamente porzioni di territorio controllate dal clan Di Lauro… so per certo tutti loro gioirono allorquando fu catturato Cosimo Di Lauro. Pertanto ben si comprende il desiderio degli scissionisti che anche in questi giorni si sta compiendo attraverso un’accorta strategia suggerita dallo stesso Salvatore Lo Russo di espugnare tutte le poche piazze di droga rimaste ai Di Lauro dopo la pace».
LO SCONTRO SFIORATO CON EDOARDO CONTINI – Un aspetto poco conosciuto della faida è quello, invece, di cui parla ancora Misso jr, a proposito della tensione tra il gruppo degli “scissionisti” e quello di San Giovanniello, motivata dall’uccisione di un uomo nel territorio controllato dai Contini, durante la faida.
«Mi dissero che si era sfiorato lo scontro tra gli scissionisti ed il clan Contini, perché la vittima era stata uccisa nel territorio di Eduardo Contini senza chiedere il permesso o quanto meno avvertire il detto clan. In ciò ingenerando un equivoco con i Di Lauro che potevano pensare ad una scelta dei Contini di aiutare gli scissionisti nella faida. Il chiarimento avvenne grazie alla intermediazione di Salvatore Lo Russo aduso a tali trattative di pacificazione. Difatti “omissis” mi disse di avere assistito [a un incontro] tra Cesare Pagano e Salvatore Lo Russo che avvenne a Miano nel senso che fu Cesarino ad andare dai Lo Russo. In tale incontro Cesare Pagano concordò con Salvatore Lo Russo di dire ad Eduardo Contini che sull’onda dell’emozione dell’uccisione del cugino di Migliaccio un gruppo di suoi ragazzi era partito per compiere l’azione a San Giovanniello senza previa autorizzazione da parte di Pagano. Tale ricostruzione consentiva a Cesare Pagano di evitare uno scontro diretto con Contini, in quella logica secondo cui un capo può giustificare nei confronti di un altro capo clan una azione, per quanto irresponsabile, di suoi affiliati mentre quando quell’azione irresponsabile o particolarmente sprovveduta è addebitabile al capo diventa molto più complicato giustificarne le ragioni con il capo di un altro clan con il quale non si hanno motivi di scontro ma che è stato obiettivamente messo in difficoltà. Difatti Lo Russo che aveva ricevuto le lamentele di Eduardo Contini e che poi tramite Penniello le aveva fatte giungere a Cesare Pagano fece comprendere a quest’ultimo che si poteva giustificare in un’unica occasione una leggerezza di questo tipo, atteso che Contini evidenziava come da molti anni nella sua zona e per suo conto non si sparava e non era tollerabile che altri lo facessero a sua insaputa. Fu sempre “omissis” a portare l’imbasciata così come concordata tra Pagano e Lo Russo a Contini. Questi si convinse della spiegazione e soprattutto comprese che non si sarebbe mai più verificato lo stesso errore…»

2 commenti:

  1. secondo me in una citta' come napoli laddove circolano migliaia di migliaia tra poliziotti carabinieri finanzieri e tante altre forze dell ordine e che alla fine ad ogni angolo di via si vende droga come se fosse latte un dubbio mi deve venire qualcuno e non uno ma centinaia nonfanno il loro dovere e per me son quelli che meritanoil carcere a vita perche si nascondono dietro una divisa per nonparlare dell assenza del governo se veramente esiste un governo scusate la diffidenza ma finche vedro' politici stipendiati come solo loro lo sono e vedro'che a napoli non cambiera'mai nulla io non avro' la forza di credere in nessuno tranne DIO che in tutto questo non centra nulla

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  2. io sono di san giovaniello e purtroppo la situazione e questa

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