venerdì 1 gennaio 2010

In origine c'era Aniello La Monica

In origine, il clan di Secondigliano era guidato da Aniello La Monica, un camorrista legato a Michele Zaza che trafficava in sigarette di contrabbando, estorsioni e rapine. Del suo gruppo, tra gli altri, facevano parte Paolo Di Lauro, Paolo Micillo, Mimì Silvestri, Raffaele Abbinante, Rosario Pariante, Raffaele Prestieri ed Enrico D’Avanzo.
Racconta Gaetano Guida, in un interrogatorio: «Nel 1980, a Secondigliano, non esisteva ancora un riferimento al clan Licciardi. Chi contava, in quegli anni, era il solo Aniello La Monica… lo stesso La Monica era il più feroce avversario di Raffaele Cutolo… nel 1980, il nome di La Monica era legge in tutta Napoli… lui abitava “miezz all’arco”, in una costruzione alla quale si accedeva dalla strada attraverso un grosso cancello di ferro… vicino alla sua abitazione c’era un bar che usavamo come punto di ritrovo e c’era anche un suo negozio di abbigliamento, che aveva l’insegna con il nome “pyton” dal nome del tipo di revolver che lui preferiva e che portava sempre con sé».
E ancora: «Il gruppo di La Monica era principalmente impegnato nella guerra con i cutoliani e si commettevano tanti omicidi… ad esempio, fu personalmente Aniello La Monica a decapitare un tale, soprannominato “bambulella”, responsabile di aver preso parte all’omicidio di un amico di La Monica, tale Antonio Palmieri, detto ’o muscio, avvenuto nel carcere di Poggioreale, padiglione San Paolo».
A uccidere il boss di Secondigliano, però, non sarà qualche killer al soldo di Raffaele Cutolo. Stavolta, i ricordi sono affidati ad Antonio Ruocco: «Il giorno successivo al mio incontro con La Monica, lo stesso venne eliminato nel corso della mattinata. Appresi direttamente da Raffaele Abbinante che aveva partecipato all’agguato come si erano svolti i fatti. Mi fu riferito che avevano fatto una telefonata a La Monica, attirandolo fuori casa, con la scusa di fargli acquistare dei brillanti. Aniello era caduto nella trappola ed era uscito, unitamente a un suo guardaspalle. Era sopraggiunta, improvvisamente, un’auto a forte velocità su cui appunto viaggiava il commando, che lo aveva investito in pieno. Mentre il corpo doveva ancora cadere, a causa dell’impatto, sul selciato, gli aggressori erano già scesi dall’auto ed avevano iniziato a sparare. Fu Abbinante a riferirmi che sull’auto c’era anche Ciruzzo ’o milionario, Raffaele Prestieri, che guidava, e Rosario Pariante. Tutti e quattro parlavano della vicenda e si vantavano di quanto avevano fatto».
Era nata la cupola di Paolo Di Lauro.

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