giovedì 1 ottobre 2009

La biografia criminale di Francesco Schiavone "Sandokan"


Cinque anni vissuti nell’ombra, senza mai lasciare la sua terra. Lontano dai riflettori della cronaca, vicino, vicinissimo, agli affiliati e alla sua famiglia. Poi, l’arresto del capo dei capi della camorra casertana e la rivalsa dello Stato sullo strapotere della camorra che a Casal di Principe, Caserta e San Cipriano d’Aversa ha i volti e i nomi degli esponenti del clan dei Casalesi.
La cattura di Francesco Schiavone, 54 anni, capo indiscusso dell’organizzazione criminale nata alla fine degli anni Ottanta sulla scia della disfatta del gruppo di Antonio Bardellino, segnò l’inizio della controffensiva dell’Antimafia in Terra di Lavoro.
Innamorato del mito di Napoleone, Francesco Schiavone viene definito dagli inquirenti una mente criminale di primissimo livello, capace di intessere rapporti di affari con la politica e con gli imprenditori, di gestire flussi economici di portata miliardaria e di imporre il suo potere di capoclan feroce ed astuto su un territorio tanto vasto quanto ambito dai sodalizi più forti della camorra campana, godendo dell’appoggio di esponenti della vita politica locale.
“Una intelligenza criminale – per dirla con un magistrato che ha dedicato grande impegno alla inchieste sulla camorra casertana, il pm Federico Cafiero de Raho – che non ha eguali in Campania”.
Quella villa bunker, oggi destinata a diventare un centro sociale per i giovani, Francesco Schiavone l’aveva fatta costruire su misura. L’11 luglio del 1998 i carabinieri violarono il fortino, mettendo fine alla latitanza di un uomo spietato, come solo i boss mafiosi sanno essere. Dotato di una freddezza particolare, si legge nelle carte processuali. Schiavone negli ultimi venti anni ha scalato i vertici di una delle più potenti organizzazioni criminali della regione, scardinando logiche di potere consolidate nel tempo e riconducibili a un capoclan del calibro di Antonio Bardellino, uno dei protagonisti della ribellione allo strapotere di Raffaele Cutolo, “il professore” di Ottaviano.
Il primo arresto di Sandokan risale al 1972, quando Schiavone aveva appena diciotto anni. Fu fermato per detenzione abusiva di armi, ma già si sospettavano legami con la criminalità organizzata. Come il padrino mafioso Totò Riina, anche Schiavone iniziò da giovanissimo ad inseguire il sogno di diventare un uomo d’onore.
(1-continua)

6 commenti:

  1. Se vuole riscattarsi deve solo pentirsi e chiedere perdono.

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  2. Sevuole riscattarsi deve solo pentirsi e chiedere perdono per il male che ha fatto.

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  3. secondo me i pentiti non dovrebbero esistere, e lo stato non dovrebbe dargli tutta questa importanza... perche' realmente non saranno mai veramente (PENTITI)

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    1. purtroppo questa è l'unica strada per colpire la criminalità,perchè l'omertà impedirebbe di conoscere la verità.Solo ci vogliono riscontri seri, altrimenti succede come nella strage del giudice Paolo Borsellino a Palermo ,dove il processo è tutto da rifare perchè i pentiti avevano detto fesserie ed ora è uscito un altro pentito(Spatuzza)che ha smentito quello che hanno detto i precedenti pentiti.Speriamo che con questo si facciano i riscontri seriamente.

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  4. Ognuno la può pensare come vuole,ma queste manifestazioni di solidarietà con i criminali non aiuteranno la Campania ad uscire dall'arretratezza culturale e civile nella quale è precipitata e non le farà riguadagnare la distanza che la separa dal consesso civile.

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