lunedì 23 novembre 2009

Il boss Vincenzo Mazzarella


La traversata nel tempestoso mare del crimine di Vincenzo Mazzarella inizia una calda serata di luglio del 1988 a bordo di un traghetto per Ischia, dove i poliziotti lo arrestano per droga.
Il suo nome compare già da alcuni anni nelle informative delle forze dell’ordine che indagano sulla Nuova famiglia, il maxi-cartello criminale che raggruppa le cosche anticutoliane, a Napoli e in provincia, e combatte una guerra senza esclusione di colpi contro la Nuova camorra organizzata.
Nipote del boss Michele Zaza, contrabbandiere fatto uomo d’onore dalla commissione palermitana di Cosa nostra, Vincenzo Mazzarella affianca alla “classica” attività del commercio del tabacco fuorilegge, cui si dedica la quasi totalità della sua famiglia, affari ben più rischiosi e remunerativi: il racket delle estorsioni, l’usura e, soprattutto, il traffico di droga.
Agli inizi degli anni Novanta, sposta il suo quartier generale da via Comunale Ottaviano (San Giovanni a Teduccio) al rione Luzzatti (Poggioreale). Qui vive barricato in un appartamento difeso come una banca: telecamere a circuito chiuso e porte blindate proteggono lui e i suoi familiari.
Tra brevi detenzioni e lunghe latitanze, il potere criminale del padrino, soprannominato ’o pazzo, cresce velocemente, tanto da iniziare a infastidire anche l’Alleanza di Secondigliano.
Inseguito da un mandato di cattura per associazione camorristica, Vincenzo Mazzarella viene arrestato il 5 luglio del 1999 a Nizza. La Squadra mobile di Napoli lo intercetta in un lussuoso residence dell’hotel “Siracuse”, a Villeneuve Luobet. Insieme a lui, in vacanza in Costa Azzurra, gli agenti trovano anche il killer di fiducia del gruppo, Ciro Giovanni Spirito, allora venticinquenne, ricercato per associazione camorristica e omicidio, la nuora Marianna Giuliano e il figlio Michele, che il mese dopo finirà in manette con l’accusa di aver ammazzato un pregiudicato.
L’estradizione per il capoclan avviene in tempi record: il 27 gennaio del 2000, Vincenzo Mazzarella è consegnato alle autorità italiane all’ex valico di Ponte San Luigi, dove si raduna un piccolo esercito di forze dell’ordine per la scorta. Ad attenderlo ci sono i poliziotti di Ventimiglia e un elicottero dei carabinieri, che sorveglia dall’alto le operazioni.
Nel 2002, la situazione processuale di Mazzarella si complica ulteriormente, perché la Direzione distrettuale antimafia di Napoli lo accusa di droga e armi. In particolare, i pm contestano al padrino di aver rifornito di cocaina ed eroina il clan Giuliano e di aver trattato l’acquisto di una partita di kalashnikov. Al centro dell’inchiesta ci sono le dichiarazioni di alcuni collaboratori della banda di Forcella: Raffaele e Guglielmo Giuliano, Fabio Riso e Pasquale Avagliano.
Il 23 luglio di quello stesso anno arriva il colpo di scena: la riduzione della condanna in Appello da undici a sei anni gli spalanca le porte del carcere, dove ritorna soltanto un mese e mezzo dopo, grazie al blitz della polizia che lo scova in un appartamento di San Sebastiano al Vesuvio. Era ospite di una coppia di vecchi contrabbandieri.
Ritornato in libertà nel 2004, si dà alla latitanza all’estero, grazie a una soffiata che lo avverte di un nuovo provvedimento giudiziario nei suoi confronti. Viene identificato e arrestato il 17 dicembre 2004 all’interno del parco Eurodisney, a Parigi. All’arrivo degli uomini della squadra mobile, il boss si trova in auto e sta incassando del denaro da tre senegalesi, uno dei quali in possesso di passaporto diplomatico.
I pm Beatrice, Narducci e D’Avino lo accusano di una sfilza di reati che da allora lo tiene dietro le sbarre, in regime di carcere duro.

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