mercoledì 1 dicembre 2010

Contro-inchiesta/4 - Il ruolo della politica nei rifiuti

Quando si parla del ruolo della politica, nell'emergenza rifiuti in Campania, e del comodo uso della criminalità organizzata per diluirne le responsabilità davanti all'opinione pubblica, bisogna essere particolarmente attenti a non aderire, in maniera preconcetta, al falso sillogismo che recita: se la camorra fa affari con l'immondizia, e l'immondizia invade le città, allora quella è l'immondizia della camorra. Piuttosto, sarebbe corretto dire che quella è l'immondizia che fa gola alle cosche. Perché, come dimostrato da tante indagini della magistratura, la camorra approfitta dello stato di crisi, non lo genera. Paradossalmente, la camorra offre soluzioni con impianti di stoccaggio, discariche e camion per il trasporto. Il tutto, naturalmente, ben nascosto dietro società, carte protocollate e fatture al di sopra di ogni sospetto. E, quando non lo sono, al di sopra di ogni sospetto, una robusta bustarella aiuta aiuta a digerire tutto. A generare l'emergenza, sono sempre e comunque le inefficienze della politica e delle Amministrazioni locali, a tutti i livelli. Come dimostra la circostanza, riportata non senza clamore dalla stampa cittadina, che nel 2009, erano ben sessanta i Comuni della Campania (di cui venti solo nella provincia di Napoli) inadempienti sul fronte della raccolta e dello smaltimento della differenziata. E si tratta di una statistica che, nel 2010, sarà sicuramente peggiorata. La raccolta differenziata, si sa, è uno dei punti cardine di una corretta e funzionale gestione del ciclo dei rifiuti, perché se non si riesce a selezionare e limitare all'origine, dunque, nel cestino di casa, la quantità e la qualità dei rifiuti che poi dovranno finire in discarica, allora c'è ben poco da fare. Il capoluogo, su questo punto, versa in una situazione disastrosa, con il 18 per cento appena, ben lontana dagli standard richiesti dalla legge (65% entro il 2012) e sventolati, come miracolosamente raggiungibili dal centrosinistra napoletano.
D'altronde, che al Comune di Napoli – retto dall'ex ministro dell'Interno, Rosa Russo Iervolino – ci sia un inquietante livello di superficialità e di pressappochismo, nell'affrontare tematiche legate all'ambiente e alla sanità, lo dimostra il fatto che tra Amministrazione comunale e Asìa, la società che si occupa, in città, della raccolta e dello spazzamento, non è mai stato formalizzato un contratto di servizio, ovvero quel documento che mette, nero su bianco, gli obblighi dei contraenti e le relative sanzioni. Se, ad esempio, il Comune di Napoli decidesse di contestare all'Asìa un qualsiasi disservizio, non ci sarebbe alcuna multa da pagare perché il contratto non esiste. C'è solo una bozza che non è mai stata portata in consiglio comunale e votata. E questo da un bel po' di anni, almeno dal 2003. In pratica, siamo davanti a una società che opera, nel settore dei rifiuti, per il terzo Comune d'Italia in maniera più o meno abusiva.
Sarà stata una dimenticanza? Mah, diciamo di sì. Diamo credito a chi, centrodestra e centrosinistra napoletani, ammette di non aver dato il giusto peso a questa inspiegabile dimenticanza. Che cosa dire, però, del caso di Camigliano, un paesino di 2mila anime in provincia di Caserta, dove il Comune è stato sciolto malgrado avesse raggiunto il 65 per cento di raccolta differenziata? L'unica risposta è l'ottusità della burocrazia e la miopia della politica, perché punire un Ente virtuoso che sa difendere il suo territorio, che cerca – e ottiene – la collaborazione unanime della cittadinanza e, soprattutto, riesce laddove tutti gli altri, o quasi falliscono, significa non avere le idee chiare su come si amministra una comunità. Camigliano è stata commissariata, perché il suo sindaco non ha voluto consegnare alla Provincia di Caserta i ruoli della Tarsu, l'imposta comunale sui rifiuti. E non li ha voluti consegnare perché sapeva, benissimo, che ubbidire alla legge sarebbe stato il primo passo verso il baratro. Morale della favola: sono arrivati i commissari prefettizi, e il sindaco è stato costretto a sloggiare. Che bella figura.
(Pubblicato su "Il Tempo", 27 novembre 2010)