Non sono cento, ma poco ci manca. Novantacinque, per l’esattezza. Novantacinque bande criminali che infestano la città di Napoli e la sua provincia, schedate dalle informative delle forze dell’ordine e dalla Direzione distrettuale antimafia.
Nel capoluogo, sono attivi 35 clan e cinque gruppi minori, che – nell’hinterland – diventano addirittura quattordici, a cui vanno aggiunte altre 41 cosche di media grandezza.
Il risultato è esplosivo, come dimostra il continuo gioco di alleanze e faide che caratterizza la camorra napoletana e le improvvise fiammate di violenza che divampano nei rioni a più alta densità criminale della città.
Un dato, però, è da sottolineare: mai come in questi anni, le forze dell’ordine e la magistratura sono riuscite ad arginare un fenomeno ritenuto, erroneamente, invincibile, almeno sotto il profilo militare. E i pentimenti di Ciro Sarno, Giuseppe Misso, Maurizio Prestieri, Luigi Giuliano, Bruno Rossi, in tempi più o meno recenti, dimostrano la bontà del lavoro svolto e la capacità degli apparati inquirenti partenopei di incidere, in maniera significativa, sul tessuto malavitoso con indagini patrimoniali e, soprattutto, con una caccia senza quartiere ai grandi latitanti di camorra.
E non è un caso se Vincenzo Licciardi, Edoardo Contini, Mario Fabbrocino, Patrizio Bosti, Paolo Di Lauro, Raffaele Amato, Vincenzo Mazzarella sono stati tutti arrestati e ora scontano pene pesantissime in regime di 41bis, o attendono gli esiti di processi particolarmente complessi.
I capi di elevato spessore che si trovano ancora in circolazione (Cesare Pagano a Scampia, Paolo Di Mauro al Vasto, Marco Di Lauro a Secondigliano) continuano a gestire, con mano violenta, le attività criminali e imprenditoriali dei propri gruppi di appartenenza ricorrendo a un continuo reclutamento di giovani leve che, se da un lato, assicura la sostituzione degli affiliati arrestati o ammazzati, dall’altro non può che portare a una diminuzione del livello di «esperienza» criminale delle cosche. La faida di Secondigliano, in questo senso, è stata esemplificativa: Cosimo Di Lauro ha perso la guerra perché si è circondato di giovani sbandati, che non hanno saputo reggere all’onda d’urto scatenata dagli «scissionisti», le cui fila annoverano personaggi di ben altra caratura. Lo stesso discorso vale per l’altra «battaglia» del biennio 2004-2005, combattuta nel rione Sanità tra i «rampolli» del boss Giuseppe Misso e i «ribelli» capeggiati dal boss Salvatore Torino.
Scontri, violentissimi, che hanno un unico denominatore comune: il controllo del più ricco mercato illegale di sempre. La droga. Dai quartieri più malfamati di Napoli (Poggioreale, Ponticelli, San Giovanni a Teduccio, Secondigliano, Miano, Scampia) partono corrieri che trasportano cocaina, eroina, hashish e kobrett in ogni parte d’Italia. Un movimento di denaro enorme, che garantisce non solo il pagamento degli stipendi dei detenuti, ma sostiene le lunghe e costose latitanze dei capi ancora rimasti in libertà.
Una caratteristica sembra però differenziare la criminalità organizzata della città da quella della vicina provincia: «l’esasperata competitività tra i clan» e «il profilo delinquenziale sempre più banditesco», per riportare le definizioni usate dai servizi segreti civili per descrivere la situazione partenopea, mai del tutto sotto controllo.
AREA OCCIDENTALE – Il territorio, che comprende Pianura, Soccavo, Rione Traiano, Fuorigrotta, Bagnoli e Agnano vive un momento di tensione, a causa della contrapposizione tra gli Esposito e i D’Ausilio, storica famiglia malavitosa che vede il proprio presunto capo, Mimì ’o sfregiato, praticamente mai condannato per associazione camorristica.
AREA SETTENTRIONALE – La zona, nel cui perimetro ricadono i quartieri di Secondigliano, Scampia, Miano, Piscinola, Chiaiano e San Pietro a Patierno, è ancora lacerata dalla guerra tra i Di Lauro e gli «spagnoli», di cui si avvertono alcune «scosse di assestamento». Gli ultimi omicidi in zona sono il segnale di alcuni regolamenti di conti ancora aperti.
NAPOLI CENTRO – L’area, che racchiude i quartieri di Chiaia-San Ferdinando, Rua Catalana, Quartieri Spagnoli, Sanità, Forcella, Mercato e Vicaria, è certamente una delle più instabili del capoluogo, anche a causa dei tentativi di infiltrazione di organizzazioni provenienti dalla periferia, come i Lo Russo di Miano. Scrivono gli 007 della Direzione investigativa antimafia: «Un maggior dinamismo criminale viene registrato nelle zona compresa tra i Quartieri Spagnoli, Chiaia, San Ferdinando e il Pallonetto a Santa Lucia, dove si rilevano alcune variazioni negli equilibri delle strutture criminali presenti nell’area. E’ in atto, infatti, un forte contrasto tra la storica famiglia Elia ed il gruppo emergente dei Ricci. In sostanza, con l’appoggio dei Sarno di Ponticelli, il sodalizio riconducibile alla famiglia Ricci avrebbe stretto nuove alleanze, costituendo un più nutrito gruppo criminale, composto da alcuni ex affiliati ai Mazzarella e da numerosi pregiudicati della zona Torretta, guidati da un emergente e giovane soggetto della famiglia Frizziero. Va rilevato, pertanto, che, nella zona centrale della città, si assiste all’avanzare di una sorta di cartello malavitoso, riconducibile, comunque, alla filiera del potente sodalizio dei Sarno, che mira specialmente agli introiti del circuito estorsivo attivabile nel locale ambito socioeconomico, caratterizzato da numerose strutture alberghiere, locali notturni e di intrattenimento ed ormeggi per grosse imbarcazioni da diporto».
AREA ORIENTALE – Il circondario, composto dai quartieri di San Giovanni a Teduccio, Barra e Ponticelli, è sempre saldamente nelle mani dei clan Mazzarella e Sarno, cui si sono affiliati, negli ultimi tempi, alcuni gruppi minori, mentre le tensioni tra le famiglie Rinaldi e Altamura, un tempo alleate per il controllo del traffico di droga nel rione Villa, sono aumentate con la scarcerazione di alcuni elementi di vertice.
(Tratto dal quotidiano "Il Roma")
mercoledì 4 novembre 2009
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