Nello scorso giugno le manette scattarono per cinquanta individui. L’operazione denominata “Perpignan”, condotta dalla Guardia di Finanza di Reggio Calabria con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, aveva stroncato un ingente traffico internazionale di sostanze stupefacenti. L’indagine che, al pari delle altre inchieste “Chiosco Grigio” e “Stupor mundi” è una costola della principale “Igres”, è nelle mani del sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia, Luisa Miranda, e aveva colpito le ‘ndrine Commisso – Mazzaferro di Marina di Gioiosa Jonica, quella dei Cataldo di Locri e il clan camorristico dei Baratto – Bianco di Napoli, affiliati alla famiglia Di Lauro.
Tra gli indagati di maggiore spessore gli inquirenti segnalarono Salvatore Femia, 42 anni, e Rocco Francesco e Salvatore Albanese, rispettivamente padre e figlio di 56 e 29 anni di Gioiosa Jonica; Giuseppe Zucco, 48 anni di Locri, della cosca cataldo, Antonio Bianco, 57, di Napoli e Tommaso Gaglione, 52 anni, di Avellino. Per quindici (otto calabresi e sette campani) dei cinquanta individui coinvolti nell’operazione “Perpignan”, alcuni indagati, altri condannati in altri procedimenti, oggi, quando, secondo fonti investigative, la Procura della Repubblica starebbe per formulare le richieste di rinvio a giudizio, si configura un’altra tegola con il sequestro, operato ancora dalla Guardia di Finanza, di beni per un valore totale di quasi venti milioni di euro.
Beni mobili e immobili: quote societarie, appartamenti e ville, automobili, tutti acquistati, secondo gli investigatori, con i proventi del traffico internazionale di cocaina che interessava Paesi quali la Spagna, il Perù e la Francia, oltre che, naturalmente, l’Italia. Tutti intestati a prestanome facenti parte delle famiglie interessate: "Non sempre è facile accertare se i soggetti interessati siano affiliati o meno alle cosche - dice il Procuratore Aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri - quel che è certo, però, è che questo tipo di ricchezze vanno a discapito di chi invece svolge delle attività imprenditoriali in maniera onesta".
Grazie all’articolo 12 sexies del Decreto Legislativo 306 del 1992, il Tribunale di Reggio Calabria, nella persona della dottoressa Tommasina Cotroneo, ha convalidato la richiesta preventiva dei beni formulata dalla Procura. L’operazione ha richiesto il lavoro di oltre cento uomini, essendo i beni situati in quattro regioni diverse: Calabria, Campania, Lazio e Piemonte. A tradire gli indagati, peraltro, sarebbero stati anche i redditi dichiarati nell’ultimo quinquennio, sproporzionati rispetto al tenore di vita condotto e, in certi casi, anche insufficiente ad assicurare il sostentamento degli stessi nuclei familiari.
Tra le società sequestrate spiccano:
1. Il 33,3% delle quote della società “Studio polispecialistico e di fisiokinesiterapia Apollo Sas di Antonella De Blasio & C.” con sede a Roccella Jonica. Il valore commerciale è stimabile in 4,8 milioni di euro. Secondo fonti investigative la struttura non sarebbe accreditata presso l’Asl di Locri.
2. Il 50% delle quote dello “Studio capelli e bellezza Sas di Montescuro Luca & C.” con sede a Casalnuovo di Napoli. Il valore commerciale stimabile è di 3,8 milioni di euro.
Quanto agli immobili, spiccano invece:
1. Due terreni coltivabili situati nel Comune di Gioia Tauro, per un valore complessivo di quasi 2,5 milioni di euro.
2. Unità immobiliare situata nel Comune di Roma in piazza Ottaviani (a ridosso del quartiere Trastevere), il cui valore commerciale si aggirerebbe intono al milione di euro.
3. Un fabbricato rurale e due terreni situati nel Comune di Locri per un valore di circa 900 mila euro.
4. Tre unità immobiliari situate nel Comune di Locri, per un valore di circa 900 mila euro.
Come detto, risultano sequestrati anche diverse autovetture (Fiat, Ford, Bmw, Peugeot), nonché un motociclo Honda. L’operazione è stata condotta dalla Guardia di Finanza di Reggio Calabria, comandata dal Colonnello Alberto Reda e dalla Compagnia di Locri, comandata dal Maggiore Raimondo Galletta.
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