giovedì 8 ottobre 2009
La biografia criminale di Francesco Schiavone "Sandokan"
Nella sentenza emessa dal tribunale di Napoli nel 1983 contro la Nuova famiglia, si legge che la maxi-federazione anticutoliana nasce ufficialmente nel 1978. Un dato che emerse dalla documentazione rinvenuta durante la perquisizione della vettura di Mario Fabbrocino (siamo nel 1981): si tratta di lettere, vaglia postali assistenziali ai detenuti e alle loro famiglie, in cui si fa riferimento all’accordo tra le diverse realtà criminali, tra cui il gruppo Bardellino, che avevano deciso di contrastare Cutolo (scrive il boss Francesco Mallardo: “Bisogna trucidare le vili cotolette…”, riferendosi agli affiliati alla Nco).
Alla fine degli anni Settanta, fu proprio Bardellino a farsi promotore della ribellione ai cutoliani, rompendo una tregua voluta dai Nuvoletta e mal sopportata dalle altre cosche confederate nella Nuova famiglia (tra Nuvoletta e Bardellino si arriverà ad uno scontro cruento che, nel 1984, culminerà con l’omicidio di Ciro Nuvoletta; all’agguato, su mandato di Carmine Alfieri, parteciperà anche lo stesso Bardellino). Tutti coloro che confluiranno nel clan dei Casalesi hanno militato nel gruppo Bardellino. Francesco Schiavone viene indicato dai collaboratori di giustizia tra i componenti del gruppo di fuoco e, secondo il pentito Umberto Ammaturo, Sandokan era tra gli uomini fidati del padrino, tanto da diventarne l’autista. Bardellino riuscì in poco tempo ad individuare i canali di accesso al mondo della politica locale (nei Comuni di Casal di Principe e San Cipriano di Aversa soprattutto). Gli ingranaggi del sistema affaristico-politico-camorristico erano saldamente tenuti insieme dagli esponenti del gruppo dei Casalesi, tra i quali spiccava la figura di Mario Iovine. E fu così fino al 1988, quando Bardellino sparì nel nulla in Brasile. Fu allora che apparve chiaro che nella perfetta organizzazione di Bardellino si era aperta una falla. E che gli stessi affiliati che un tempo gli avevano garantito copertura e appoggio durante la sua latitanza e nella sua corsa al potere contro i cutoliani, gli avevano voltato le spalle. Fu proprio Iovine, dice l’Antimafia, ad assassinare Bardellino, il cui corpo non sarà mai ritrovato. Secondo quanto ricostruito nelle inchieste, l’eliminazione del vecchio padrino fu decisa per porre un freno alle ambizioni del gruppo dei fedelissimi che ruotava attorno al padrino. Nel 1987 infatti Bardellino aveva chiuso un grosso affare, assicurandosi una maxi-tangente sui lavori per la sistemazione dei Regi Lagni (come confermerà Carmine Alfieri, al quale fu offerta una cospicua quota dell’importo in cambio dell’autorizzazione a procedere nell’affare).
Bardellino, nel corso del tempo, iniziò ad accentrare la ricchezza nelle proprie mani (e in quelle dei familiari più stretti), generando una situazione di malcontento tra gli affiliati di cui seppe approfittare Mario Iovine. Un malcontento che si trasformò in diffidenza con l’omicidio del fratello di quest’ultimo, Domenico (11 gennaio 1988), un agguato deciso da Bardellino che da sempre sospettava che la vittima fosse, in realtà, un informatore della polizia di Casal di Principe (secondo le dichiarazioni di Alfieri lo stesso Mario Iovine votò a favore del delitto, sacrificando il fratello per avere il pretesto per uccidere poi Bardellino).
Schiavone e le famiglie Bidognetti e De Falco intuirono che si prospettava l’inizio di un nuovo corso e decisero di prendere posizione, appoggiando senza riserve l’ascesa criminale di Iovine. Si rafforzò il gruppo dei Casalesi, che iniziò a rendersi autonomo sganciandosi dalla struttura confederativa voluta da Bardellino. Il comando dell’organizzazione fu preso da Mario Iovine (all’epoca latitante e spesso all’estero, in Francia o in Brasile, per occuparsi di affari di droga), Francesco Schiavone, Francesco Bidognetti e Vincenzo De Falco. Sandokan iniziò a distinguersi dagli altri affiliati per le sua spiccata capacità imprenditoriale e per la scelta di affidare ruoli di primo piano ai propri familiari (il fratello Walter ed il cugino Francesco, figlio di Luigi, alias Cicciotto, nonché il cugino Carmine Schiavone, poi pentitosi), così come sottolineano i giudici nelle motivazioni della sentenza che ha chiuso il primo processo scaturito dall’inchiesta battezzata Spartacus I. “E’ risultato uno dei promotori del fenomeno di ribaltamento del vertice operativo della precedente organizzazione”, spiegano i giudici, ma è dopo l’omicidio di Vincenzo De Falco (febbraio del 1991) e di Mario Iovine (marzo del 1991), “che si assiste ad costante progressione nella scalata di Francesco Schiavone verso il vertice del gruppo criminoso. Da semplice soldato posto alle dipendenze di Antonio Bardellino (fine anni ‘70 ed inizio anni ‘80) - si legge nelle motivazioni della sentenza – Francesco Schiavone diventa, per sua particolare freddezza ed abilità operativa, prima uno dei suoi uomini di maggior fiducia (nello svolgimento di compiti di assoluto controllo del territorio nella lotta contro i cutoliani) e successivamente aderisce al progetto omicidiario di Mario Iovine in danno dello stesso Bardellino, progetto che include anche l’eliminazione di Paride Salzillo”.
(continua)
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