È una delle pagine oscure della camorra di Ponticelli, uno dei capitoli più inquietanti della lotta tra lo Stato e la malavita organizzata. Senza alcun apparente motivo, il 25 novembre 1998, Vincenzo Ricci, collaboratore di giustizia, si impicca nella sua cella, nel carcere di massima sicurezza di Prato. L’uomo, 32 anni, era stato tra i capizona di fiducia del boss Ciro Sarno. Scampato a un agguato, nel quale era stato ammazzato il cugino Ciro, nel dicembre del 1994, Vincenzo Ricci aveva lottato per alcune settimane tra la vita e la morte. Coinvolto nel febbraio 1997 in una maxi-inchiesta sulle organizzazioni malavitose dell’area est, Ricci aveva iniziato a raccontare ai magistrati antimafia i segreti della potente cosca del rione De Gasperi, contribuendo a irrobustire le prove a carico di capi e gregari della banda e fornendo nuove, preziose notizie sui traffici illeciti gestiti dai fratelli Sarno.
La risposta dell’organizzazione, a questo “tradimento”, non si era fatta attendere: a ridosso del processo nel quale Ricci sarebbe stato chiamato a testimoniare, infatti, un altro collaboratore di giustizia, Giuseppe Correale, aveva denunciato di essere stato avvicinato da emissari dei Sarno che avrebbero voluto addomesticare le sue dichiarazioni accusatorie in cambio di cento milioni di lire.
Quasi in contemporanea, altri due collaboratori di giustizia – una donna e un giovane con un passato di tossicodipendenza – erano spariti nel nulla, probabili vittime della “lupara bianca”.
Ma un’altra circostanza aveva reso ancor più complessa e misteriosa la vicenda: il suicidio di Ricci, infatti, era il nono episodio del genere in appena undici mesi nella struttura penitenziaria della Dogaia. Prima di lui, si era tolto la vita un pregiudicato di Santa Maria Capua Vetere che avrebbe lasciato il carcere entro una quindicina di giorni per fine pena. Un vero e proprio mistero, sul quale la procura locale decise di aprire un’inchiesta, senza però grandi risultati.
Malgrado la scomparsa del collaboratore, il processo andò comunque avanti e tre anni dopo, gli uomini del clan Sarno chiamati in causa proprio da Ricci vennero condannati a pene pesantissime per associazione di stampo mafioso e traffico internazionale di stupefacenti. Tra questi, c’erano gli stessi fratelli Sarno: Ciro, Luciano, Giuseppe e Vincenzo.
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