venerdì 1 gennaio 2010

Antonio Ruocco, il primo nemico

La storia criminale di Antonio Ruocco è, in pratica, la storia della guerra che lo vede contrapposto alle famiglie mafiose di Secondigliano. Guerra violentissima, nella quale – tra gli altri – cadono i fratelli Rosario e Raffaele Prestieri, vittime dell’attentato al “Bar Fulmine”, e la madre dello stesso Ruocco, trucidata da una coppia di killer a Mugnano.
Di lui parlano diversi pentiti dell’area nord di Napoli, tra cui Costantino Sarno e Gaetano Guida. La sua, raccontano, è una battaglia di sopravvivenza, che lo vede in inferiorità – strategica e militare – nei confronti del clan di Paolo Di Lauro, spalleggiato dai Prestieri, che intendono spodestarlo dal ruolo di capozona a Mugnano a favore di Salvatore Di Girolamo. Ruocco finisce in manette il 3 agosto 1992, dopo circa un mese di latitanza, in un appartamento di via Nikolajevka, a Milano, dove si è rifugiato dopo l’ultimo attentato nei confronti dei suoi familiari.
E tanta è la paura delle “bocche di fuoco” rivali, che Ruocco, scambiando i carabinieri per killer nemici, si lancia dal terzo piano dello stabile in cui vive. Alla fine del volo di diversi metri, miracolosamente riporta solo una ferita alla testa, non grave, che gli viene medicata in ospedale.
Il passaggio successivo è la collaborazione con la giustizia: non essendo riuscito a sconfiggere gli avversari sul piano degli omicidi e degli attentati, decide di provarci con le armi della legge.
Così, inizia a svelare ai magistrati i meccanismi e il funzionamento dell’allora sconosciuta maxi-cupola guidata da Paolo Di Lauro e trascina, grazie alle sue dichiarazioni, decine di camorristi alla sbarra, compreso l’imprendibile Ciruzzo ’o milionario. Al termine del processo, per ironia della sorte, saranno tutti assolti e l’unico condannato sarà proprio lui, Ruocco. Del suo caso si occupa pure la commissione parlamentare antimafia, nel 1995, quando si scopre che il neo-collaboratore di giustizia ha chiesto e ottenuto, dallo Stato, la protezione per 140 familiari.
Non tutti, però, lasceranno Mugnano per rifarsi una nuova vita e una nuova identità. Preferiranno restare nel Napoletano, convinti di essere ormai al sicuro dalle vendette della camorra.

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