sabato 21 novembre 2009

Simba, il leone del boss Brancaccio


Quei ruggiti, nel cuore della notte, sono inspiegabili per gli abitanti di via Piazzolla al Trivio. Echi lontani che riportano a ben altre praterie che non quelle di cemento e lamiere al confine tra i quartieri Arenaccia e Poggioreale. Ruggiti che provengono dal giardino di Raffaele Brancaccio, soprannominato Bambù, camorrista e orgoglioso proprietario di Simba. Simba è un leone di tre anni, pesante un quintale e mezzo, che vive in una gabbia di appena quattro metri, da cui accede – attraverso uno stretto corridoio – a un piccolo vano coperto, nel quale può trovare riparo dalle intemperie.
Lo “scovano” i carabinieri in collaborazione con le guardie venatorie della Lipu. È il 23 marzo del 1998 e, a quel tempo, il padrone di casa è detenuto, perché sospettato di essere uno dei prestanome del boss Edoardo Contini, nonché amministratore unico di un impero finanziario di decine di miliardi di lire. A sostituirlo, in funzione di guardiano della villa, è proprio il re della giungla.
A poca distanza dalla gabbia del leone, i militari trovano anche una voliera con uccelli rarissimi e altri esemplari di animali imbalsamati. Non una novità, tant’è che quattro anni prima, nel corso di un analogo controllo, Brancaccio – che a proposito del leone dirà ai magistrati di averlo avuto in regalo e di essere stato impossibilitato a separarsene – viene sorpreso mentre alleva un Ara Macao, una specie di pappagallo in via di estinzione. Nella sua villa in stile liberty – confiscata e destinata dal Comune di Napoli a sede di un’associazione di volontariato – il boss, in passato, aveva allestito un vero e proprio zoo personale, con tanto scimmie e serpenti.
Simba, il leone del boss, morirà undici anni dopo nello zoo (ufficiale) di Napoli.

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Rapporti antichi, iniziati al tempo del «signore della droga», Pablo Escobar, e coltivati da una sponda all’altra dell’Atlantico: hanno toccato anche Medellin, in Colombia, le indagini sui colossali traffici di cocaina gestiti, fin dal principio degli anni Novanta, dal clan Contini.
In due distinte inchieste, risalenti al 1991 e al 1997, gli inquirenti scoprono che i narcos dell’Arenaccia acquistano la droga dai cartelli sudamericani e la importano in Campania, passando per il Belgio. Mezza tonnellata di cocaina all’anno, secondo le informative. Quanto basta per trasformare la banda di Edoardo ’o romano in una perfetta macchina da soldi, che moltiplica per dieci, venti, trenta la puntata iniziale.
A coordinare l’attività, a quel tempo, è il numero due del gruppo, Giuseppe Scuotto, che sarà trucidato in strada, a corso Novara, nel maggio del 2000. Lo sostituirà, qualche anno dopo, un trafficante taciturno, che abita nella zona di via Cupa dell’Arco, a Scampia. Un criminale arrivato ai vertici della potentissima famiglia Di Lauro: Raffaele Amato, il futuro capo degli scissionisti di Secondigliano.

1 commento:

  1. spero che nella gabbia di 4 mettri ora e per sempre ci stia il bos

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