giovedì 10 dicembre 2009

Gli altri capi del clan

La struttura unitaria del clan, piegata dagli arresti dei suoi affiliati di maggiore spicco e dalla detenzione del capo, subisce una prima scissione ad opera di Luigi Cimmino, ex braccio destro di Giovanni Alfano a metà degli anni Novanta.
Di lui si parla per la prima volta in una indagine del 1992, quando l’allora sostituto procuratore antimafia Federico Cafiero De Raho ne chiede l’arresto per una maxi-tangente imposta alla ditta impegnata nei lavori di ristrutturazione della villa dell’ex moglie di Corrado Ferlaino, al Vomero. Insieme a Cimmino, vengono indagati anche Antonio Caiazzo e Maurizio Brandi. Secondo la procura, in un primo momento, avrebbero chiesto il pagamento di una mazzetta da cinquecento milioni di lire, ottenendone duecento, in tre rate. Né la ditta, né la proprietà avevano denunciato gli estorsori, tant’è che l’inchiesta parte grazie a una telefonata anonima al numero verde antiracket attivato in Questura.
Col tempo, Cimmino si allontana dal gruppo originario e avvia il reclutamento di giovani affiliati, con i quali tenta di impossessarsi il controllo del racket delle estorsioni tra il Vomero e l’Arenella. Ne nasce una guerra furibonda con i reduci del clan Alfano, che porta all’uccisione di vittime innocenti e a un clima di autentico terrore nei quartieri residenziali della città, con sparatorie tra la folla e attentati dinamitardi. Non vengono risparmiati nemmeno i parenti dei collaboratori di giustizia. Le indagini della magistratura delineano uno scenario in continua evoluzione.
Ricercato per associazione camorristica ed estorsione, Cimmino termina la sua latitanza il 6 luglio del 2001, quando il capo della sezione Catturandi della Squadra mobile di Napoli, Andrea Vitalone, che poche settimane prima aveva catturato Maria Licciardi, lo individua in un appartamento a Marano, dove – si disse – aveva trovato appoggio grazie alla protezione della potente famiglia Polverino.
Gli equilibri all’interno delle organizzazioni del Vomero, così, cambiano di nuovo. Con Alfano e Cimmino in galera, acquisiscono potere Salvatore Varriale e Antonio Caiazzo. A loro tocca prendere il comando delle attività illecite tra il Vomero e l’Arenella. Ma è un interregno che dura poco. Il primo, Varriale, finisce in manette nel giugno del 2002, in un appartamento in via Ruoppolo. Per gli inquirenti, stava riallacciando i rapporti con l’Alleanza di Secondigliano; il secondo – invece – dopo un’altalena giudiziaria, fatta di detenzioni e scarcerazioni, viene bloccato nel gennaio del 2009 in Spagna, al termine di una cena nel ristorante “Bella Napoli”, in un sobborgo di Madrid.
Ciò che resta delle organizzazioni è tutto racchiuso nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere che, nel giugno 2007, decapita la camorra del Vomero e porta al sequestro di un vero e proprio tesoro del valore di cinquanta milioni di euro, provento – secondo le indagini della guardia di finanza e della Squadra mobile di Napoli – di venti anni di malaffare nei quartieri chic di Napoli.

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