Il boss Raffaele Amato è stato ricoverato d’urgenza, ieri pomeriggio, e sottoposto a un delicato intervento chirurgico della durata di alcune ore. Il motivo del malore, secondo quanto trapelato, sarebbe un’occlusione intestinale che ha costretto la direzione del carcere di Carinola, dove è rinchiuso dal luglio scorso, dopo l’estradizione dalla Spagna, a predisporre un eccezionale cordone di sicurezza attorno al capo degli scissionisti per l’immediato trasporto in ospedale.
Le sue condizioni, pur non gravi, destano comunque preoccupazione nei medici che ne hanno disposto il ricovero presso la struttura sanitaria per ulteriori accertamenti.
Raffaele Amato è stato arrestato dalla polizia, il 17 maggio scorso, al termine di un pedinamento durato cinquanta chilometri nella hall di un albergo a Marbella, dov’era in compagnia dei suoi fratelli. Il boss, un tempo uomo di fiducia e plenipotenziario del capoclan Paolo Di Lauro, viveva sulla Costa del Sol, mimetizzandosi tra turisti e residenti grazie a documenti falsi e a un ottimo spagnolo.
Latitante dal 2006 a causa di una clamorosa scarcerazione, è considerato dagli investigatori il comandante in capo del più potente cartello di narcotrafficanti della Campania, con interessi (criminali e non) in mezzo mondo e una speciale relazione d’affari con le holding della droga sudamericane.
Attualmente, il clan degli «scissionisti» controlla la quasi totalità delle piazze di spaccio dell’area nord di Napoli ed ha la propria roccaforte nei bunker inaccessibili del quartiere di Scampia.
Raffaele Amato risponde inoltre di otto omicidi, commessi tra il 1991 e il 1993, nella faida che vide contrapposta la potente e oscura cosca di Ciruzzo ’o milionario alla «brigata criminale» di Antonio Ruocco, ex luogotenente di Di Lauro a Mugnano, animato da feroci propositi di vendetta per un progetto di avvicendamento ai vertici della cellula camorristica locale.
Di lui hanno parlato numerosi pentiti, alcuni dei quali – Antonio Pica e Antonio Prestieri – si sono soffermati, in particolare, sulla sua straordinaria preparazione in materia di intercettazioni telefoniche e ambientali, che l’hanno portato ad acquistare costosissime apparecchiature, in uso ai servizi segreti, per la rilevazione di cimici e sistemi di controllo elettronico.
Agli inizi degli anni Novanta, Raffaele Amato aveva allestito una agguerrita ed efficiente struttura capace di importare in Italia, dalla penisola iberica, centinaia di quintali di hashish – acquistati da narcos turchi e marocchini – che avevano uno scorpione come marchio di qualità. Era il «brand» che garantiva la provenienza e la qualità della droga.
(Pubblicato sul quotidiano "Il Roma", 4 settembre 2009)
venerdì 4 settembre 2009
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