mercoledì 16 settembre 2009
Il regista dell'orrore - parte 2
[..] Oltre tre anni prima, un altro collaboratore di giustizia, Luigi Diana, aveva raccontato dell’ascesa – in seno al gruppo dei Bidognetti – di Giuseppe Setola.
L’omicidio di Raffaele Di Fraia o meglio le motivazioni di tale omicidio affondano le radici in una più ampia strategia del clan scissionista di cui io ero entrato a far parte. In particolare, come ho già accennato nell’ambito di precedenti interrogatori, vi fu una riunione nel corso della quale, noi scissionisti decidemmo di attaccare il clan Bidognetti, eliminando, per primi, gli elementi militarmente più pericolosi di tale clan. Si trattava di quattro persone ed in particolare di Giuseppe Setola, di Giuseppe Dell’Aversano, di Enrico Verde e proprio di Raffaele Di Fraia. In particolare, ricordo che questa decisione venne definitivamente presa nel corso di una riunione che si tenne a Casal di Principe in una casa di proprietà della nonna di Antonio Pompa. La casa era vuota e c’eravamo solo noi. In particolare, fra i vari partecipi, ricordo con precisione che c’erano presenti, oltre a me: Pasquale Apicella, Salvatore Cantiello, Sebastiano Panaro, Michele Zagaria, Cristofaro Dell’Aversano, Antonio Iovine, Antonio Del Vecchio, Antonio Mezzero, Orestino Reccia, il piccolo.
La giornata era particolare in quanto quando arrivai notai la presenza di dolci e champagne. Chiesi spiegazioni in merito e mi fu detto da Michele Zagaria, da Pasquale Apicella e da Salvatore Cantiello che quel giorno si festeggiava il “battesimo” mafioso di Antonio Del Vecchio. Per la verità, Antonio Del Vecchio era persona mal sopportata nel clan anche perché circolava la voce che fosse un confidente delle forze dell’ordine, tuttavia, essendo cugino di Francesco Schiavone junior; era sopportato ed addirittura era stato fatto, quel giorno, “uomo d’onore”. Proprio perché era mal sopportato, alla fine si “punse” da solo: nessuno voleva fargli da “padrino”. Gli fu detto, infatti, che il suo vero “padrino” era il cugino, Francesco Schiavone di Luigi, detto “cicciariello”, per cui nessuno poteva permettersi di sostituirlo. L’occasione per legalizzare Antonio Del Vecchio, che già militava da anni nel clan, era stata la sua partecipazione all’omicidio in danno di Giovanni Parente, il titolare di pompe funebri di Grazzanise (…) avvenuto un po’ di tempo prima di questa riunione ma non so precisare se si trattasse, temporalmente, di qualche settimana o qualche mese prima. Tornando alla suddetta riunione, venne esclusa la possibilità di ammazzare i figli di Francesco Bidognetti. Il gesto sarebbe stato troppo pericoloso perché avrebbe anche potuto determinare il pentimento di Francesco Bidognetti stesso (circostanza questa che in seguito realmente venne “notificata” al nostro gruppo dalla moglie di Francesco Bidognetti per il tramite di Paolo Bortone, detto “Masto Paolo”, che si recò dai fratelli Zagaria a specificare che Francesco Bidognetti, aveva detto che finché le cose rimanevano così, andava tutto bene, ma se si sarebbero toccati i suoi figli avrebbe “parlato”). Si pensò, allora, di uccidere, possibilmente in un’unica occasione, i quattro killer del gruppo Bidognetti che ho prima indicato e cioè Giuseppe Setola, Giuseppe Dell’Aversano, Enrico Verde e Raffaele Di Fraia. Ricordo che Michele Zagaria, che evidentemente voleva mettermi alla prova, mi disse di fare un incontro con i quattro predetti, ed in tale occasione tutti e quattro sarebbero stati ammazzati. Io spiegai a Michele Zagaria che, se era pur vero che ero stato molto amico di tutti e quattro i personaggi in questione, tuttavia non era pensabile, visto che oramai io ero passato con loro, che gli stessi accettassero di incontrarsi con me. Michele Zagaria prese atto della mia replica e, quindi, decidemmo tutti insieme di ammazzarne uno per volta, partendo o da Giuseppe Dell’Aversano o da Giuseppe Setola che si trovavano entrambi a Casal di Principe. Giuseppe Setola, tra l’altro, era particolare inviso sia a Michele Zagaria, in quanto sosteneva che era un infame, posto che, essendo parente di Salvatore Cantiello, non si era schierato con lui, sia agli Schiavone, posto che vi era stato, nel 1989, un attrito proprio fra Walter Schiavone e Giuseppe Setola il quale si era permesso di malmenare il figlio di Carmine Schiavone sulla cui testa aveva anche inferto dei colpi con il calcio della pistola. Ricordo che Walter Schiavone tirò anche degli schiaffi a Giuseppe Setola per punirlo per il suo comportamento nei confronti del figlio di Carmine Schiavone. Ma la cosa che irritò di più Walter Schiavone fu il fatto che, nonostante Giuseppe Setola si fosse impegnato ad andare a lavorare onestamente, si era, invece, aggregato al clan Bidognetti. Lo stesso Francesco Bidognetti aveva promesso a Walter Schiavone che prima o poi glielo avrebbe “dato”. Tornando agli agguati programmati, ricordo che alcuni giorni dopo la riunione venne avvistato Giuseppe Setola in compagnia di Aniello Bidognetti e Giuseppe Cristoforo, detto “capa bianca”. Fu il tunisino Ben Azur che mi telefonò dicendomi che ce li aveva proprio davanti sulla super strada in direzione di Parete. I tre erano in macchina, su una Peugeot 205. Io avvisai Michele Zagaria del fatto il quale mi spronò a fare una strage dicendomi testualmente: “Vai fagli venire la febbre a 40 al figlio di Bidognetti”, nonostante io gli avessi spiegato che Aniello Bidognetti se ne stava sparapanzato dietro, nell’auto, per cui sarebbe stato inevitabile uccidere anche lui e non solo Giuseppe Setola. La richiesta di Michele Zagaria mi parve irrazionale e, quindi, non ne tenni conto. Ancora in seguito, venne avvistato, non ricordo adesso se giorni o settimane dopo, Giuseppe Dell’Aversano a bordo di un’autovettura, tipo Opel Corsa, che teneva montato sopra un turbo. L’avvistamento venne fatto da mio cognato, Luigi De Vito e da Antonio Pompa.
(Tratto da "Attacco allo Stato", Forumitalia edizioni)
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