sabato 19 settembre 2009

I blitz contro i Casalesi - parte 1


30 SETTEMBRE 2008

Il primo colpo all’«ala stragista» arriva all’alba del 30 settembre, quando i carabinieri del nucleo operativo di Caserta scovano, in due ville tra Quarto e Monteruscello, tre componenti del gruppo di fuoco capeggiato da Giuseppe Setola: Giovanni Letizia, Oreste Spagnuolo e Alessandro Cirillo. L’unico immigrato riuscito a salvarsi dalla strage di Castelvolturno, oggi super testimone, ha riconosciuto due di loro, Cirillo e Spagnuolo.
«Mai vista una violenza simile - ha detto il generale dei carabinieri, Franco Mottola - Solo per intimidire qualcuno erano capaci di sparare oltre 80 colpi di arma da fuoco. Uccidevano e tendevano agguati a chiunque volesse collaborare con le forze dell’ordine o volesse opporsi al loro potere». Giovanni Letizia e Alessandro Cirillo vivevano nella stessa villa, Spagnuolo in un’altra poco distante. Nelle abitazioni blindate c’erano dovunque armi: due kalashnikov, un fucile a pompa, sette pistole e tracce di una ultima cena a base di aragoste e giornali locali aperti sulle pagine dedicate agli sviluppi investigativi della magistratura. Poco distante, erano parcheggiate anche due moto, simili a quelle utilizzate nel raid di Castelvolturno. I latitanti non hanno opposto resistenza: si sono fatti ammanettare senza difficoltà. Nella villa dei due latitanti sono stati ritrovati parrucche, pettorine dei carabinieri confezionate artigianalmente, un lampeggiante e palette da segnalazione, oltre ad alcuni «pizzini» contenenti le istruzioni del capoclan sulle attività di taglieggiamento.
Ecco che cosa scrivono i magistrati: «In occasione della cattura dei latitanti Alessandro Cirillo, Giovanni Letizia ed Oreste Spagnuolo, oltre al rinvenimento di armi micidiali le quali, come sarà più chiaro in seguito, costituiscono un vero e proprio fil rouge che lega insieme numerosi delitti commessi dal medesimo gruppo di affiliati sostanzialmente riconducibili a Giuseppe Setola, la polizia giudiziaria ha sequestrato numerosi documenti, assai significativi proprio per la ricostruzione dell’esistenza di un gruppo criminale (…) Si tratta - in sostanza - di alcuni fogli sparsi e post-it, alcuni dei quali – e la circostanza appare di indubbio rilievo indiziario – strappati nell’immediatezza dell’irruzione dagli stessi latitanti, sorpresi alle prime ore del mattino. La polizia giudiziaria delegata ha provveduto a ricomporre i frammenti dei fogli strappati ed ha curato una trascrizione in file word delle frasi annotate, in modo che il contenuto fosse maggiormente intellegibile. La prima impressione, di carattere generale, riguarda indubbiamente il dato organizzativo che risalta con chiarezza dalla documentazione. Si legge infatti una sequela di soggetti, quasi tutti titolari di piccole e medie imprese, sottoposti a richieste estorsive.
In effetti, il primo dato, di estrema rilevanza, è costituito da un documento (…) che riporta in epigrafe la dizione “Nuovi” e contiene una elencazione di 31 esercizi commerciali (il primo di essi è il Ristorante Charly), alcuni dei quali contrassegnati con un asterisco. Si tratta all’evidenza di un programma estorsivo in fieri, ove gli asterischi simboleggiano, con estrema probabilità, l’avvenuto inoltro della richiesta o – addirittura – la riscossione della somma. Il secondo, documento, è costituito da un foglio a quadretti, formato A4. Contiene una serie di informazioni sensibili che costituiscono una vera e propria programmazione di attività estorsive o comunque di interventi in relazione a lavori, per lo più edili, intrapresi sul territorio di influenza del gruppo, che spazia da Sessa Aurunca a Castelvolturno. Vi si leggono riferimenti del tipo “Massimo (h)a mandato un suo amico x un lavoro a Sessa a ottobre intorno al 1.000.000,00. Di Caprio deve fare il ponte”; oppure “Panificio Polverino porta sulla Domitiana e vuole mettersi a posto. Dà il 10% sulla vendita”. Compaiono, ad onor del vero, anche inquietanti croci su alcuni nominativi, in concomitanza con l’annotazione di imprenditori che «non danno niente» e molto più rassicuranti asterischi accanto ad annotazioni di acconti ricevuti. Sino a questo punto si tratta, né più, né meno, che di una rozza contabilità criminale, di un prospetto, sintetico ma chiaro, delle entrate del clan criminale Setola in un dato momento storico, dovute proprio a quel meccanismo di contribuzione obbligata imposto agli imprenditori della provincia casertana, al quale la vera e propria strategia del terrore intrapresa dal gruppo ha sempre mirato sin dal primo momento. Se peraltro si considera che il capo del gruppo risulta tuttora latitante e come lo stesso abbia attuato una programmazione criminale rigorosamente verticistica (la fonte Spagnuolo rivela inoltre che Setola ha attuato il controllo diretto della gestione delle casse sociali), appare chiaro che la documentazione contabile rinvenuta costituisca la minima parte di quella detenuta dagli artefici del piano criminale. I manoscritti, rinvenuti in occasione degli arresti presso i covi dei latitanti riportano i nominativi di alcuni imprenditori sottoposti ad estorsione con l’ammontare delle rate o comunque della somma ancora da versare. Spesso, sia pur in forma sintetica, è quindi in qualche modo annotato anche il sistema di contribuzione speciale concordato con l’imprenditore, che costituisce un tratto di riconoscibilità del rapporto estorsivo e, sotto un diverso profilo, anche il primo criterio di valutazione dell’attendibilità delle dichiarazioni di chi, esattore o persona offesa, a tale rapporto fa riferimento (…) L’attendibilità del documento è stata riconosciuta dal collaboratore di giustizia Oreste Spagnuolo il quale ha, per così dire, confermato tanto il contenuto intrinseco della documentazione (ossia che le richieste estorsive fossero reali), che l’estrinseco ossia la possibilità di attribuzione di alcuni documenti al pugno di Giuseppe Setola. Evidenza peraltro pienamente corroborata dalla stessa firma - “Peppe” - riportata sul documento. Osservando infatti solo alcuni documenti sequestrati in occasione degli arresti del 30 settembre scorso, si evidenzia come gli stessi sia agevolmente ascrivibili proprio a Setola (tra questi si sottolinea, per la sua rilevanza probatoria, il mandato estorsivo scritto sequestrato rivolto ad una comunità locale, verosimilmente dedita allo spaccio, “pizzino” nel quale “Peppe” – identificabile in Peppe Setola, ancora latitante - dava disposizioni ai suoi uomini di farsi dare “i soldi” dagli “sporchi neri” o – alternativamente – farsi consenare un chilo di droga…). Del tutto analoga è una seconda documentazione, pure rinvenuta in possesso degli arrestati. Anche in questo caso il documento rappresenta una vera e propria conta-bilità del gruppo criminale Setola. In una prima colonna si leggono alcune indicazioni (si tratta di 23 riferimenti) ancora relative ad imprenditori, come risulta chiaro dalla medesima lettura: è sufficiente considerare le prime voci: «Fabbrica Alisana; Fabbrica Lecce; Gelati; Archicolor; Barone; Caseificio Cost., Fabbrica Pellecchia» ecc. In una colonna più stretta, posta alla destra della prima, si legge la rateazione, indicata dal simbolo di moltiplicazione seguito dal numero di rate: ad esempio «X3» o «X2». Infine, in una terza colonna, si legge l’ammontare delle singole rate richieste alle imprese, che spaziano dai 7500 agli 800 euro per rata. Talvolta vi sono specificazioni che riguardano taluni periodi dell’anno nei quali – come di consueto – debbono essere corrisposte le rate (“Pasqua, Natale, gennaio, luglio, agosto e dicembre”). La dimostrata connessione tra la documentazione contabile sequestrata e l’azione estorsiva, connotata da modalità violente, si rilevava esaminando il documento sul punto afferente al caseificio “Olimpico”, laddove si rileva come alla voce “caseificio olimpico” sia riportato prima un punto interrogativo, quindi la dizione “X3” quale conferma del pagamento: tale annotazione risultava perfettamente in linea con l’attuazione dell’intimidazione armata del 18 settembre ai danni dell’azienda casearia “Olimpico” mediante l’uso di kalashnikov, riferita proprio dallo Spagnuolo come attuata da alcuni componenti del gruppo da questi partecipato».
Quello stesso giorno, la polizia di Caserta è impegnata nella cattura di altri esponenti del clan dei Casalesi, tra cui Giuseppina Nappa, moglie del boss Francesco Schiavone detto «Sandokan», mentre la guardia di finanza porta a conclusione il sequestro di beni attribuiti al clan (aziende, soprattutto allevamenti di bufale e per la produzione del latte, una gioielleria, due impianti di distribuzione di carburanti, terreni, scuderie di cavalli, immobili, ecc.). Tra gli arrestati di questo filone ci sono anche un avvocato, ritenuto prestanome del clan, e quello che viene indicato come il ragioniere dell’organizzazione, Vincenzo Schiavone soprannominato «Copertone» per la sua abilità a far sparire i cadaveri nelle fiamme alimentate appunto dalle gomme delle auto. A «Copertone» la polizia ha sequestrato un computer con una serie impressionante di dati sulle estorsioni e sugli stipendi versati dal clan agli affiliati, alle vedove e ai familiari dei detenuti. Un sistema di «cattura» del consenso alimentato da estorsioni a tappeto, come quelle di cui furono vittime i fratelli Orsi e gli imprenditori impegnati nella realizzazione della Ferrovia Alifana.
(Tratto dal libro "Attacco allo Stato", Forumitalia edizioni)

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