venerdì 14 agosto 2009
Veleni sull'Arma dei carabinieri
La foto in alto servirebbe da sola a rispondere, con la potenza dell’immagine, alla follia estiva di Giorgio Bocca, che questa settimana su “L’Espresso” accosta mafia e Arma dei carabinieri in un articolo farneticante, che non fa onore alla sua storia e alla sua firma.
Che significato ha sporcare l’immagine della Fiamma che arde e illumina questa società in cui la penombra è il vestito preferito di chi delinque, di chi infanga, di chi insinua, di chi oltraggia, di chi uccide con il piombo o con le parole, di chi ruba, di chi razzia, di chi rapina, di chi truffa, di chi raggira, di chi violenta e di chi mistifica la realtà?
Che vergogna leggere del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e di Totò Riina nello stesso rigo, nella stessa pagina, come se il primo fosse ancora vivo a godersi la pensione in qualche sperduto angolo di paradiso e il secondo fosse ancora latitante, sulla tolda di comando di Cosa nostra; quando in realtà Dalla Chiesa è stato ammazzato su ordine proprio di Riina (condannato all’ergastolo per quest’omicidio in qualità di mandante), il quale ultimo – al momento della cattura – venne immortalato in una foto che ha fatto il giro del mondo; con gli occhi spaesati, vestito come un contadino, spalle contro il muro, proprio sotto l’immagine del Generale in alta uniforme.
Questi sono i carabinieri che conosciamo e che amiamo.
Come può un giornalista prestigioso come Bocca pensare di accostare il bianco e il nero, il pulito e lo sporco, il diavolo e l’acquasanta senza riflettere?
Come riesce a pensare che possano esistere accordi tra l’Arma dei carabinieri e la mafia che, in questi anni, ha ucciso decine di militari e per molti altri ha emanato sentenze di condanna a morte che penderanno, per sempre, sulle teste di valorosi e indomiti investigatori?
Come si può pensare che i reparti investigativi dell’Arma coesistano con forme di criminalità più o meno organizzata? I carabinieri che hanno arrestato killer e narcotrafficanti, boss e luogotenenti, smantellato organizzazioni assassine e portatrici di sventura e dolore, che vanno a braccetto con i mafiosi è una immagine indegna, che svilisce il sacrificio di tanti uomini e donne che vivono lontano da casa, costretti a operare con pochi mezzi, a infiltrarsi nei ranghi nemici per distruggere il cancro dall’interno, con sommo rischio della vita?
Accostare le dichiarazioni (tutte da verificare) di Ciancimino o di Riina alle lacrime delle vedove, delle mamme, delle fidanzate dei caduti dell’Arma non può non suscitare imbarazzo. Come si riesce a giustificare una colossale infamia?
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Curioso questo suo pensiero, Di Meo. Sono sorpreso. Se il sette volte presidente del Consiglio Andreotti è un colluso con la mafia salvato dalla prescrizione, non vedo perché indignarsi per la connivenza di qualche maresciallo dei Carabinieri che tiene famiglia.
RispondiEliminaNessuno, neanche Bocca, ha mai parlato di collusione dell'Arma in quanto tale. Si parla di alcuni episodi bizzarri e di un'emulsione, densa, che lega insieme e in cui sono sospesi tutti i poteri che controllano il territorio. Legali e no. Che tra i rappresentanti dello Stato e la malavita vi sia qualche patto di non belligeranza non è un segreto. Diversamente intere regioni del Sud somiglierebbero all'Afghanistan di Karzai: una piccola cittadella retta da un governo legittimo, mentre gli eserciti scorrono le campagne in armi imponendo la legge militare. Siccome così non è, direi che la politica e la forza pubblica hanno trovato per forza qualche forma di convivenza con gli altri poteri che insistono sul territorio, almeno per le cose spicce. È così dai tempi di Gaetano Salvemini e del rapporto Jacini-Ferretti.
Ma ritorno alla mia sorpresa per quel che lei scrive: il plauso universale verso Gomorra è sospetto proprio per questo. Il libro piace a tutti proprio perché Roberto Saviano si guarda bene dall'indagare sui rapporti tra potere dello Stato e potere camorristico. È rassicurante. La politica, il potere esecutivo a cui rispondono i corpi armati, è ritratta con delicati colori pastello. Magari Bocca parla per sospetto, ma quel sospetto è fondato. E se è un sospetto scomodo, pazienza: non verrà invitato a tenere lezioni a una classe della Guardia di Finanza o il Pd non lo inviterà a tenere corsi di legalità.
Non dev'essere sorpreso, la mia indignazione anticipa la deriva di diffamazione che, partendo dai vari Ciancimino jr e Riina, si abbatterà su quanti, coraggiosamente, lottano per combattere la mafia. Sono i carabinieri nella fattispecie, ma il discorso è applicabile anche a polizia, guardia di finanza, magistratura...
RispondiEliminaVede, che ci possa essere qualche maresciallo colluso, lo sappiamo dalle indagini, in Sicilia come in Campania; ma innalzare tutto a forma "normativizzata" e "regolamentata" dei rapporti tra l'Arma e la mafia mi sembra, francamente, stupefacente. Dunque, seguendo questo principio, ogni arresto dei carabinieri sarebbe una "concessione" a questa emulsione densa.
Non credo che sia questa la prospettiva dalla quale porsi, attesa la capacità investigativa dell'Arma.
L'analisi di Bocca, a mio modesto avviso, sia chiaro, mescola, purtroppo, intuizione sociologica a distanza (non credo che il grande giornalista conosca di persona l'atmosfera della quale scrive), ritagli di giornale degli ultimi mesi e una memoria - ahime - sbiadita.
Grazie comunque per il suo commento
Saluti
SDM