mercoledì 26 agosto 2009

La mafia africana


La presenza di gruppi criminali africani, in Italia, è stata accertata da numerose inchieste giudiziarie, che hanno permesso di identificare tre etnie, particolarmente invasive: nigeriani, maghrebini e tunisini. Si tratta di gruppi criminali che operano, per lo più, in Emilia Romagna, in Puglia e in alcune aree della provincia di Caserta, in Campania. Analizziamone le caratteristiche, sottolineando – però – che le evoluzioni delle dinamiche criminali sono così convulse e veloci da rendere, in ogni caso, complessa una loro «cristallizzazione» in atti giudiziari definitivi.
Le maggiori entrate per i clan della mafia nigeriana derivano dallo sfruttamento della prostituzione, che viene attuato in collaborazione con i gruppi criminali locali (soprattutto in Sicilia), e dal traffico internazionale di stupefacenti, che viaggia lungo linee direttrici Nigeria-Spagna-Olanda-Italia, avvalendosi di appoggi logistici e aree di stoccaggio a cui attendono specifiche organizzazioni criminali.
«E’ indubitabile che, a fronte del numero di sequestri messi a segno su corrieri di cittadinanza nigeriana», scrivono gli 007 della Direzione investigativa antimafia, «più esigue appaiono essere le forme associative contestate, probabile sintomo di un’attività organizzativa criminale che possiede efficienti metodi mimetici per sfuggire alle attività di indagine sul territorio. Infatti, mentre in passato le attività di traffico e di spaccio di stupefacenti erano gestite solo attraverso propri connazionali, nel corso del tempo, a causa del contrasto investigativo, i nigeriani sono stati costretti a diversificare le nazionalità dei corrieri ovulatori (ingoiano gli ovuli di cocaina durante i viaggi, ndr) e a stabilire relazioni operative con gruppi criminali di altri paesi per lo sviluppo del traffico… Le sostanze più trattate sono i derivati della cannabis, ma è in continua ascesa l’inserimento nel traffico e nello spaccio delle droghe pesanti».
Rispetto alle altre organizzazioni straniere, infatti, quella nigeriana appare strutturata secondo gli schemi e le funzionalità proprie dell’associazione mafiosa (non a caso, a Torino, si sta celebrando un processo nei confronti di un clan nigeriano accusato di mafia), che portano anche alla commissione di omicidi e atti di violenza nei confronti di propri connazionali.
Presenze meno significative sono quelle, invece, riferite alle cosche maghrebine e tunisine, che si dedicano non a reati particolarmente complessi (che richiedono cioè ingenti capitali iniziali, come il traffico di droga, ad esempio, o la tratta di esseri umani) ma a quelle tipologie di delitti di «strada», come i furti, le rapine e le estorsioni che destano, nell’opinione pubblica, un elevato livello di allarme sociale. Il loro raggio d’azione è riferito ad alcune regioni del Nord Italia (Lombardia e Piemonte) e del centro (Emilia Romagna, Abruzzo).

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