giovedì 27 agosto 2009

La criminalità organizzata rumena


Non droga, ma frodi informatiche: è questo il segno distintivo, nel nostro Paese, della criminalità rumena, che ancora non riesce a darsi una organizzazione capace di partecipare, in maniera attiva, alla complessa architettura internazionale del narcotraffico ma che – al contempo – è in grado di accreditarsi, nel panorama delinquenziale continentale, come una delle più progredite dal punto di vista scientifico, tanto da rappresentare una seria minaccia allo sviluppo dell’e-commerce in Italia e nel resto d’Europa.
Scrivono gli investigatori della Direzione investigativa antimafia nell’ultima relazione: «In tale contesto, emerge anche la casistica relativa al “phishing”, ossia al furto dei dati personali, acquisiti fraudolentemente attraverso messaggi di posta elettronica». Si tratta di un «fenomeno ormai divenuto cavallo di battaglia della criminalità romena. Riscontri in merito vengono forniti dall’operazione convenzionalmente denominata “Yellow Card”, effettuata nel mese di luglio 2008 a Bologna, che ha consentito di arrestare cinque romeni. I medesimi erano appartenenti ad un’organizzazione criminale finalizzata alla frode informatica, al falso e alla truffa, che aveva raggiunto un volume di affari illeciti per oltre un milione di euro e il cui vertice operava dalla Romania». La specialità di questi pirati informatici sono la clonazione di carte di credito e la duplicazione delle carte bancomat, attraverso un ingegnoso furto delle password che si realizza con micro-telecamere, installate proprio sopra la tastiera dei dispositivi, che «catturano» i codici segreti.
Da un punto di vista strutturale, però, è importante sottolineare che non esistono veri e propri clan rumeni, ma piccole organizzazioni che si aggregano, di volta in volta, con lo specifico obiettivo di commettere un reato, sciogliendosi subito dopo. Ne consegue una polverizzazione dei gruppi che rende più difficile l’identificazione degli autori dei singoli reati e l’attribuzione di specifiche condotte criminali.
Dalle indagini, emerge che ad essere particolarmente ricco è il business dei furti di macchine operatrici (miscelatori di cemento, betoniere, trattori, mini-escavatori, flex, demolitori, gru…) rubate in Italia e trasportate in Romania, dove vengono rivendute con falsi documenti, attraverso l’Austria e la Slovenia; oltre che quello delle rapine, soprattutto nell’area del nord-est.
Resta, comunque, la prostituzione il «core-business» di maggiore interesse per la criminalità rumena, come dimostra una inchiesta della procura antimafia di Torino «nei confronti di appartenenti ad un sodalizio criminale, composto da romeni e albanesi, dediti allo sfruttamento di giovani ragazze, che, non appena maggiorenni, venivano prelevate da orfanatrofi della Romania ed avviate alla prostituzione, una volta giunte in Italia».

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