lunedì 31 agosto 2009
La criminalità organizzata albanese
La criminalità organizzata albanese rappresenta uno dei «ceppi» delinquenziali più radicati in Italia ed è strutturata in clan specializzati nel traffico internazionale di stupefacenti e nello sfruttamento della prostituzione. I padrini della mala albanese difficilmente si spostano dalla madrepatria, dove gestiscono – molto spesso con la complicità delle istituzioni locali deviate – i collegamenti con le «cellule» estere e dove investono, in attività lecite, i proventi dei business milionari, creando veri e propri imperi economici alimentati dal riciclaggio di denaro sporco.
Con particolare riferimento al comparto della droga, è stato accertato dagli organi giudiziari che si è creata una sinergia operativa con le cosche italiane – in qualità di acquirenti – e con i clan nordafricani, che velocizza i tempi per l’importazione degli stupefacenti e procura un più alto tasso di profitto, derivante da una migliore e più articolata rete di vendita al dettaglio su tutto il territorio nazionale.
Scrivono gli investigatori della Direzione investigativa nell’ultima relazione semestrale: «I reati commessi da cittadini albanesi si evidenziano nel nord del Paese, specialmente in Liguria e Lombardia, Piemonte e Veneto; nell’area centrale in Abruzzo, Emilia Romagna, Marche e Toscana e, per il Sud, in Campania e Puglia». E ancora: «I sodalizi più strutturati, sulle sperimentate rotte degli stupefacenti, possono veicolare carichi di armi e incentivare i flussi dell’immigrazione clandestina, anche per soddisfare le crescenti richieste di manodopera in nero, a basso costo, e il mercato della prostituzione. La tratta di esseri umani, strettamente collegata all’immigrazione clandestina, ha raggiunto una dimensione tale da rappresentare, subito dopo il narcotraffico, il principale business della criminalità organizzata transnazionale, recando con sé una serie di reati di rilevante gravità, tra i quali meritano una menzione particolare quelli contro la persona».
Circa i rapporti tra la criminalità organizzata albanese e quella italiana, sono invece accertati i contatti con la ’Ndrangheta (come evidenziato dall’operazione «Skoder» che ha dimostrato come la famiglia mafiosa dei Magliari di Altomonte, in provincia di Cosenza, si servisse di albanesi e rumeni per spacciare la droga nel proprio territorio di competenza) e con i gruppi mafiosi della Puglia, sulle cui coste avvengono gli sbarchi più frequenti non solo di immigrati clandestini, ma anche di colossali partite di droga stoccate nei «porti franchi» del mar Mediterraneo.
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