lunedì 16 marzo 2009

Il mistero della morte di Aldo Semerari


SCHEDA

Protagonista: Aldo Semerari
Data: 1 aprile 1982
Luogo: Napoli
Dinamica: Docente di psichiatria forense, più volte inquisito per terrorismo nero, Aldo Semerari scompare il 25 marzo del 1982: il suo cadavere, decapitato, sarà ritrovato all’interno di una Fiat 128, parcheggiata in viale Elena, a pochi metri del Municipio di Ottaviano.



ARTICOLO

Per il barbaro omicidio di Aldo Semerari, il luminare di psichiatria forense che voleva conquistare il potere con un colpo di Stato, la magistratura non è riuscita a trovare nessun colpevole.
Il 23 giugno 2000, sono stati scagionati gli unici imputati di una ventennale storia processuale che si intreccia con le trame dell’eversione nera, con i morti ammazzati della Banda della Magliana, con i segreti inconfessabili del sequestro Cirillo e con i tradimenti dei servizi segreti deviati. È stato lo stesso pubblico ministero, Salvatore Sbrizzi, a chiedere l’assoluzione per i cinque camorristi finiti sott’inchiesta, dopo il pentimento di Umberto Ammaturo: Antonio Baratto, Ciro e Pasquale Garofalo, Giovanni Monaco e Umberto Adinolfi. Erano ritenuti gli esecutori materiali del delitto, commesso su ordine proprio di Ammaturo, si disse, per punire la decisione della vittima di assumere nuovamente la difesa del padrino Raffaele Cutolo, suo acerrimo nemico.
Ma né dinamica né movente sono stati ricostruiti con sufficiente chiarezza, anzi sono rimasti in una impenetrabile coltre di ambiguità a perenne monito per quanti, troppo disinvoltamente, si avvicinano ai «buchi neri» della storia d’Italia.
L’unica certezza è la data della scomparsa di Semerari, il 25 marzo 1982, e il luogo, Napoli, dove il docente si trova per una perizia psichiatrica su un detenuto del carcere psichiatrico di Sant’Eframo, il bandito Giuseppe Montagna, che due mesi prima, nelle camere di sicurezza del Tribunale, ha ucciso con un colpo di pistola al cuore un affiliato alla Nuova famiglia e accoltellato il futuro boss di Forcella, Luigi Giuliano.
Semerari, però, quella perizia non arriverà mai a redigerla: viene visto l’ultima volta presso l’hotel «Royal», sul lungomare, dove ha preso alloggio. Già a tarda sera, se ne sono perse le tracce.
I familiari attendono ancora un giorno per denunciare la scomparsa alla forze dell’ordine. Gli inquirenti intuiscono immediatamente che la vicenda è molto seria, anche perché nel luglio dell’anno precedente, un collaboratore di Semerari, Antonio Mottola, è stato ammazzato e dato alle fiamme a Valmontone, vicino a Roma. Erano stati entrambi coinvolti nelle indagini sulla ripresa del terrorismo neofascista in Italia. Semerari, addirittura, nel marzo del 1980 era stato arrestato, perché ritenuto il «regista» della strage di Bologna. Scarcerato per mancanza di gravi indizi dopo circa un anno, il professore stava lentamente riprendendosi dalla drammatica esperienza detentiva, anche se negli ultimi tempi aveva iniziato a soffrire di sindrome depressivo-paranoica.
Nei primi tre giorni, le indagini vanno a rilento. Non ci sono spunti investigativi degni di nota. L’unica cosa che possono fare le forze dell’ordine è interrogare i parenti e i collaboratori del criminologo. Il 29 marzo arrivano due telefonate alla redazione napoletana del quotidiano «Il Mattino», che rivendicano il sequestro. Alle 13 uno sconosciuto dice: “Qui nuclei armati rivoluzionari. Aldo Semerari è stato rapito dai servizi segreti. Per ogni giorno di prigionia uccideremo un agente”. La seconda telefonata giunge alle 16:15. Una donna, con inflessione dialettale settentrionale, ripete: “Qui tribunale del popolo. Aldo Semerari è nelle nostre mani. Più tardi avrete notizie”. È chiaro, fin da subito, che si tratta di due mitomani, ma lo scrupolo impone di battere ogni possibile pista: dalla vendetta della camorra al terrorismo.
In questo stato di attesa, passano altri due giorni, durante i quali polizia e carabinieri battono palmo a palmo l’intera provincia di Napoli, in particolare la costiera sorrentina e l’area flegrea, da Bagnoli a Monte di Procida. Del professore, però, nessuna notizia. Ventiquattr’ore dopo, arriverà la svolta.
Il 1° aprile, un passante nota uno strano liquido uscire dalla portiera di una Fiat 128 rossa, parcheggiata in viale Elena, a Ottaviano, di fronte all’abitazione di Vincenzo Casillo, «braccio destro» del boss Raffaele Cutolo. Avvisa un vigile urbano, che a sua volta contatta i carabinieri.
Sul sediolino anteriore, lato guida, si trova una busta di plastica insanguinata. Contiene la testa del criminologo, mozzata con una sega. Il corpo viene ritrovato, invece, nel bagagliaio. Che si tratti del cadavere del professore è quasi certo, anche se l’identificazione diventa ufficiale soltanto alle 13.30, quando il medico legale estrae dalla tasca della giacca una tessera ferroviaria intestata ad Aldo Semerari.
Secondo i risultati delle prime analisi, la vittima è stata uccisa al quarto giorno del sequestro, strangolata – probabilmente – con una corda e poi decapitata. L’auto risulta rubata a Fuorigrotta una settimana prima ad una giovane donna.
Nelle tasche dei pantaloni, Semerari conserva 400mila lire in contanti, alcuni effetti personali e un assegno di 2 milioni, l’onorario – ipotizzano gli investigatori – dell’ultima perizia a favore di Umberto Ammaturo, il super-latitante di camorra che lo psichiatra avrebbe incontrato, il giorno della scomparsa, in un appartamento a Fuorigrotta.
È un giorno davvero infausto, quel 1° aprile 1982: in quelle stesse ore, infatti, a Roma, una collaboratrice di Semerari si spara un colpo di pistola in petto e muore in un lago di sangue. Si chiama Maria Fiorella Carrara e lavora come psichiatra nello studio del criminologo. I vigili del fuoco la trovano distesa sul letto, con a fianco la «357 Magnum» con cui si è tolta la vita. Il suicidio della giovane donna sarà attribuito al dolore per la scomparsa dei genitori, morti entrambi di tumore. Ma otto anni prima.

L'ARTICOLO SULL'UNITA'

A rendere ancora più torbida la storia del rapimento e dell’uccisione efferata di Aldo Semerari c’è un particolare, che probabilmente rappresenta la chiave di volta dell’intero episodio: il giorno dopo la scomparsa del criminologo, presso la redazione romana de “L’Unità” arriva una lettera a firma dello stesso docente, in cui si attribuisce la paternità del falso documento del ministero dell’Interno sulla trattativa tra Democrazia cristiana e camorra, per la liberazione dell’assessore regionale Ciro Cirillo, la cui pubblicazione aveva portato in carcere una giornalista del quotidiano comunista.
Ecco il testo di quella missiva: “Egregio dottor Petruccioli, non le sto a spiegare il perché di questa mia decisione. Chiaro e crudo le dico che sono io la reale e veritiera fonte fornitrice delle informazioni che Marina Maresca coraggiosamente ha sbandierato a onor del vero agli italiani: mi riferisco a quella parte di italiani che amano la patria e che mal sopportano le angherie di questo governo ladro e burattino. Sono il perito di Raffaele Cutolo e da egli ho appreso la successione degli eventi relativi al rapimento Cirillo e alle intercessioni di tal Patriarca al fine di trovare il modo più comodo (tramite la camorra) per il pagamento del riscatto e il conseguenziale riscatto dell'ostaggio. Marina non vi ha detto dell’intervento segreto del Banco di Napoli e né vi ha detto che la prima richiesta fatta dalle Br (per bocca di Cutolo) fu di pretendere un carico di armi in cambio della vita miserabile di Ciro Cirillo. Che rilasciassero Marina Maresca. La verità fa tanta paura? Aldo Semeari”.
I dubbi che solleva l’arrivo di quella lettera sono molti di più di quelli che dovrebbe risolvere, perché – come confermeranno anche indagini successive, condotte dai magistrati Felice Di Persia e Carlo Alemi – la trattativa tra Stato e camorra c’è stata, così come c’è stato l’interessamento dei servizi segreti deviati, sia civili che militari. Circostanze di cui Aldo Semerari, probabilmente, sapeva e che gli sono costate l’esistenza in vita.

5 commenti:

  1. troppi elementi volutamente e finemente plateizzati per seguire la sola pista camorristica.
    piu' plausibile l'ipotesi servizi(deviati??).

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  2. Complienti. Hoo appreso dei tuoi articoli dal Blog di Angelo D'Amore e d'ora in poi ti seguirò molto volentieri.
    Complimenti ancora per questo lumicino di verità nel buio più cmpleto in cui vive la nostra Società.
    marco

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  3. Bravo Simone Di Meo, fai capire chi sono i veri cronisti di strada e non un Roberto Saviano che prende in giro una categoria che rischia la vita tutti i giorni. Giampiero de Luca

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  4. Sei un grande,complimenti...da grande appassionato della storia della camorra (ed n particolare del periodo della NCO di Fefè Cutolo).

    Tra libri e web, documentari e reportage,non avevo mai trovato un articolo così esaustivo sulla fine di Semerari.

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  5. http://napoli.repubblica.it/cronaca/2010/05/25/news/boss_ammaturo-4312237/

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