SCHEDA
Protagonista: Ciro Cirillo – assessore ai Lavori pubblici della Campania
Data: 27 aprile 1981
Luogo: Torre del Greco
Dinamica: Un commando di terroristi entra in azione in via Cimaglia, a Torre del Greco, e uccide l’agente di scorta Luigi Carbone e l’autista Mario Cancello. Ciro Cirillo viene rilasciato dopo 89 giorni di prigionia
ARTICOLO
Il vero mistero non è tanto il sequestro, quanto la liberazione di Ciro Cirillo, l’ex assessore ai Lavori pubblici della giunta regionale della Campania. Democristiano e uomo di fiducia dell’allora ministro dell’Interno, Antonio Gava, capo della commissione speciale per la ricostruzione delle aree terremotate dell’Irpinia, e quindi «grande elemosiniere» di Stato, finisce al centro di uno scandalo che vede coinvolti strutture di intelligence deviate, faccendieri, camorristi, politici e uomini di Governo, su cui indagheranno per anni alcuni dei più bravi magistrati italiani.
Per ottenerne la liberazione, il suo partito – la Dc – organizza una «colletta» tra gli imprenditori «amici» e paga cinque miliardi di lire, che finiranno nei forzieri delle Brigate rosse e della Nuova camorra organizzata. La malavita, in questa storia, ha un ruolo tutt’altro che marginale, perché – come accertato dalle inchieste di Carlo Alemi e Otello Lupacchini – è proprio grazie all’interessamento di Raffaele Cutolo che i brigatisti accettano di liberare Cirillo, altrimenti destinato a una sentenza di condanna a morte.
A convincere il potentissimo capo della Nco a trattare per conto dello Stato, sono dapprima i servizi segreti civili – con l’agente semplice, Giorgio Criscuolo, e il vicedirettore del Sisde, Vincenzo Parisi – e poi quelli militari – con i generali Giuseppe Santovito, Pietro Musumeci, il colonnello Giuseppe Belmonte e l’agente Francesco Pazienza – che gli offrono, in cambio della sua «leale» collaborazione, pieni poteri nei trasferimenti carcerari, la possibilità di gestione degli appalti per la ricostruzione del dopo-sisma, una perizia a lui favorevole per insanità mentale e tanti altri piccoli e grandi privilegi, oltre a una montagna di soldi. Cutolo, però, gioca al rialzo e non si impegna direttamente nelle trattative finché autorevoli esponenti della Democrazia cristiana non lo rassicurano sulla serietà delle offerte. Le indagini della magistratura hanno identificato in Arnaldo Forlani, presidente del Consiglio, e in Flaminio Piccoli, segretario scudocrociato dell’epoca, i «registi» dell’intera operazione. Tranquillizzato da garanzie di questo calibro, Cutolo accetta di intervenire, incaricando il suo «braccio destro», Vincenzo Casillo, di attivare i contatti con i terroristi rossi.
Nelle settimane successive, il padrino di Ottaviano riceve nel carcere di Ascoli Piceno camorristi latitanti (oltre a Casillo, anche Corrado Iacolare), politici, «007» e ambasciatori delle Br, con cui pianifica i dettagli dei negoziati e chiude l’accordo: Cirillo sarà liberato in cambio di un ricco riscatto. Racconta Raffaele Cutolo, nel corso di una udienza: «L’onorevole Antonio Bassolino mi accusa di avere rapporti con i servizi segreti. Dice il falso. L’unica volta che io ho avuto contatti con i servizi segreti è stato per liberare il dottor Cirillo. Hanno fatto la corsa… il Sisde e il Sismi e non solo loro... anche tutti gli altri... facevano a gara a chiedere la mia collaborazione... mi hanno buttato sul tavolo tanto di quel denaro. Otto giorni prima del rilascio di Cirillo, uno dei miei che era in libertà - Marcantonio, si chiamava - mi spedì ad Ascoli Piceno un telegramma. C’era scritto: “Otto giorni, e Cirillo sarà libero”. Io chiamai Enzo Casillo e gli dissi: “Tié, questo è il telegramma, dallo a chi lo devi dare”… Ci fu una riunione ad Acerra vicino a Napoli. C’era Francesco Pazienza che parlava a nome di Flaminio Piccoli. Implorava un nostro intervento. Casillo allora tirò fuori il telegramma e gli disse: “Abbiamo già risolto tutto, ecco qua: otto giorni e riavrete Cirillo vivo”. Se Cirillo è vivo, lo deve a me...».
Il resto del racconto vive nella memoria del film “Il camorrista” di Giuseppe Tornatore: la liberazione dell’ostaggio, nei pressi del carcere di Poggioreale, viene accompagnata da questo comunicato delle br: «Abbiamo espropriato al boia Cirillo, alla sua famiglia e al suo partito di affamatori, alla sua classe di sfruttatori, un sacco di soldi». A ritrovarlo, in uno stato di semi-coscienza, è una pattuglia della polizia stradale che lo accompagna, a sirene spiegate, verso la Questura, dove lo attende il magistrato per il primo interrogatorio. Una volante della polizia, però, ferma la corsa della pattuglia, prende in carico Ciro Cirillo e lo porta, a tutta velocità, verso casa, dove nel frattempo sono giunti sia Gava che Piccoli. Quando il magistrato, Libero Mancuso, arriverà all’abitazione dell’assessore a Torre del Greco, incrocerà i due politici sul pianerottolo che stanno andando via. Che cosa si siano detti, quali segreti abbiano deciso di condividere i protagonisti di questa vicenda, probabilmente si saprà soltanto quando saranno resi noti, alla sua morte, i quaranta fogli dattiloscritti che Cirillo ha consegnato a un notaio.
Soltanto ventisette anni dopo, l’ex assessore riuscirà a incontrare Carlo Alemi, il magistrato che per primo aveva intuito la trattativa tra Stato e Antistato e che, per questo motivo, era stato perseguitato dalla politica e dichiarato, addirittura, «fuori dal circuito costituzionale», per dirgli queste poche, semplici, parole: «Lei è un magistrato onesto».
(Pubblicato sul quotidiano "Il Roma")
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ho seguito con attenzione l'articolo del roma di oggi 15 marzo che ha dato spunto per un mio post.
RispondiEliminaspero di avere un tuo contatto.
Ho letto il post,
RispondiEliminati ringrazio per l'equilibrio e per aver ripreso le pulsioni espresse nell'intervista.
il mio contatto è
simonedimeo@gmail.com
con stima
sdm