martedì 20 luglio 2010

La storia di Cesare "Paciotti" Pagano

Detto “Paciotti” per la sua sfrenata passione per le scarpe, in particolare quelle fabbricate dal suo omonimo, Cesare Pagano, 42 anni, il capo del clan degli “scissionisti” arrestato stamane dalla polizia di Napoli dopo una latitanza durata circa un anno, era nascosto in una villa in compagnia del nipote, soprannominato “Angioletto”, e del genero. Al momento dell’arresto, i tre non hanno opposto resistenza.

Iscritto nella lista dei 30 ricercati più pericolosi d’Italia, Cesare Pagano aveva assunto la leadership assoluta del clan dopo l’arresto, nel 2009, del cognato, Raffaele Amato, finito in manette nell’ambito dell’inchiesta C3 che portò in carcere una sessantina di esponenti degli Amato-Pagano. Fino a quel momento, Cesare e Raffaele avevano guidato insieme gli “scissionisti” dopo la vittoria nella cosiddetta “faida di Scampia” contro il clan Di Lauro che, tra il 2004 e il 2005, provocò una settantina di morti ammazzati.

Ma chi era davvero Cesare Pagano? Ne parliamo con uno scrittore-giornalista, Simone di Meo, autore di diverse pubblicazioni proprio su questa sanguinosa guerra, tra cui “Faida di camorra” e “L’impero della camorra – Vita violenta del boss Paolo Di Lauro”, nonché prossimo all’uscita, tra settembre e ottobre del suo ultimo libro “Napoli in cronaca nera” scritto a quattro mani con Giuseppe Iannini, investigatore di un gruppo inquirente della Polizia di Napoli.

Pagano aveva sempre ricoperto il ruolo di “ministro degli esteri” del clan – spiega Di Meo. Era, di fatto, l’ufficiale di collegamento tra tutti i gruppi criminali di Napoli e provincia, nonché garante del patto di non belligeranza. Di lui si è sempre saputo pochissimo, tanto che fino ad oggi risultava incensurato. Dal suo vecchio capo, Paolo Di Lauro, aveva ereditato la mania per la riservatezza. Dalle testimonianze di alcuni pentiti conosciamo la sua ossessione per le microspie, al punto che era sua abitudine far perquisire chiunque dei suoi affiliati camorristi volesse incontrarlo. Ogni qual volta doveva salire su un’auto, la faceva prima bonificare dai tecnici del clan. Era arrivato a spendere 250mila euro di apparecchiature come quelle in uso ai servizi segreti tedeschi e francesi

Qual’era la sua principale attività?
Pagano teneva le fila dell’intero traffico di cocaina dalla Spagna. Un affare che gli garantiva guadagni tali da permettersi nell’estate del 2006, dopo lo smercio di una partita di droga sulla piazza napoletana, di versare ai suoi affiliati un premio di produzione dell’ammontare di 300mila euro

Come è iniziata la sua ascesa?
Pagano era stato il braccio destro del boss Paolo Di Lauro fino all’inizio della latitanza dello stesso Di Lauro nel 2002. A quel punto il potere passò nelle mani dei figli i quali entrarono in conflitto con i vecchi soci del padre che accusarono di aver incassato tangenti su un carico di stupefacenti dalla Spagna. Costretti ad emigrare, questi si rifugiarono tra Madrid e Barcellona e proprio da qui decisero di muovere guerra alla vecchia organizzazione.

Una guerra che vinsero a colpi di esecuzioni pubbliche nelle strade, nei bar, nelle case. Quali sono state le “condizioni di pace” imposte dagli scissionisti?
Principalmente tre: divieto per i Di Lauro di uscire dal rione dei Fiori di Scampia, divieto di rifornire di droga le varie cosche cittadine, restituzione dei beni confiscati ai loro vari prestanome passati poi agli scissionisti
E di fatto, oggi, che fanno i sovrani spodestati, i Di Lauro?

I Di Lauro vivono oggi confinati nel Rione dei fiori di Scampia, il cosiddetto “Terzo Mondo” per via dello squallore dominante. Ma mentre questa zona, che comunque resta la più grossa piazza di spaccio d’Europa, è rimasta saldamente nelle loro mani, tutte le altre 25, sparse nei comuni confinanti con Scampia e Secondigliano, sono finite sotto il controllo degli “scissionisti” che si ritrovano così a gestire praticamente l’intero traffico di stupefacenti. I figli di Paolo Di Lauro, Cosimo, Nunzio, Ciro, Vincenzo e Salvatore sono stati tutti arrestati e condannati, a vario titolo, per associazione camorristica, omicidio e traffico internazionale di stupefacenti. Resta però in libertà Marco, 30 anni, latitante e indicato dai pentiti come il più simile al padre, il più furbo e capace, colui che, al momento, avrebbe ripreso in mano la gestione del clan nel “Terzo Mondo”

Quindi esiste la possibilità di una ripresa più vasta del controllo da parte dei Di Lauro, oppure no?
Al momento risulta improbabile. I Di Lauro sono pressocché estinti. La stragrande maggioranza è stata costretta a emigrare o a passare con gli “scissionisti”

Lo strapotere degli “scissionisti” fa pensare che anche la guerra portata avanti dallo Stato contro di loro sia destinata a fallire…
Niente affatto. Gli scissionisti hanno già assaggiato l’azione di repressione delle forze dell’ordine che ad oggi risulta fortissima. Non dimentichiamo che con l’operazione C3 del 2009, che ha portato in carcere circa 60 esponenti del clan, è stata di fatto squadernata sia la struttura commerciale dell’organizzazione che quella logistico-militare. Le forze dell’ordine stanno rifilando duri colpi non solo alla bassa manovalanza – spacciatori, vedette, killer – ma anche ai cosiddetti “colletti bianchi”, i capi, i lori nipoti. E ciò si vede con l’arresto, oggi, di Cesare Pagano, non un semplice camorrista, ma un vero e proprio mafioso

Al momento dell’arresto di Cosimo Di Lauro, figlio di Paolo, tutti i telegiornali mostrarono da una parte le immagini della folla inferocita contro i poliziotti, dall’altra i fuochi d’artificio sparati dagli scissionisti in festa. Sembrava che nessuno stesse dalla parte dello Stato. E’ così?
I napoletani non fanno tutti il tifo per la Camorra, no. E’ anzi largamente diffuso il desiderio di respirare l’aria libera degli uomini liberi. Ma non possono essere solo le forze dell’ordine a combattere una guerra del genere. Come disse tempo fa Beppe Pisanu la camorra offre “pane e companatico”, stipendi da 10mila euro al mese, bonus da 300mila. Di fronte a tutto ciò non basta un contrasto di tipo militare. Bisogna che lo Stato offra un’alternativa ai giovani. E bisogna continuamente mostrare loro che una scelta di legalità è preferibile a quella di vivere le misere esistenze, falsamente dorate, di tanti personaggi che finiscono la loro vita a 30 anni sepolti sotto le tonnellate di cemento armato dei penitenziari o, ancora peggio, in una bara
(tratto da www.panorama.it)

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