venerdì 19 novembre 2010

Antonio Iovine, in trappola il boss dei boss

E' il sorriso – amaro – della sconfitta quello che il boss della camorra, Antonio Iovine, ostenta all'uscita della Questura di Napoli, circondato dai poliziotti e da decine di fotografi e cameraman, un'ora appena dopo la cattura, avvenuta in una villetta di Casal di Principe, in provincia di Caserta. Iovine – soprannominato “'o ninno”, “il poppante”, perché fin da giovanissimo destinato dalle insondabili ragioni del potere mafioso alla successione di una delle “famiglie” più temute del panorama criminale italiano – si è arreso agli investigatori da vero capoclan, dopo aver tentato la fuga da un terrazzo. Agli agenti che lo hanno circondato, ha confermato le proprie generalità e ha chiesto di non voler perdere tempo a mostrare loro i documenti. “Sono io, è inutile che me lo chiediate”, ha detto ai poliziotti. Insieme a lui è finito in manette per favoreggiamento anche un incensurato, Marco Borrata, che ne avrebbe curato la latitanza, ospitandolo nella sua abitazione.
Condannato all'ergastolo nel maxiprocesso Spartacus, Iovine è considerato la mente finanziaria dei Casalesi, il boss-imprenditore, capace di movimentare e di gestire affari da decine e decine di milioni di euro all'anno, in collaborazione con l'altro superlatitante casertano, Michele Zagaria, con cui fu protagonista di un clamoroso episodio finito agli atti di un'inchiesta antimafia. I due boss telefonarono infatti a un giornalista di un quotidiano locale per chiedergli di smentire alcune notizie di cronaca nera a loro dire calunniose.
Originario di San Cipriano d'Aversa – uno dei tre paesi, insieme a Casapesenna e Casal di Principe, appunto, dove secondo la leggenda bisogna essere nati per aspirare al ruolo di boss dei boss della camorra casertana -, Antonio Iovine era ricercato da oltre quattordici anni ed era inserito nell'elenco dei trenta latitanti più pericolosi d'Italia, al pari di Matteo Messina Denaro e dei grandi capi della 'Ndrangheta calabrese.
Il suo ruolo di stratega economico-finanziario della cosca è stato ricostruito dalle inchieste condotte dalla magistratura napoletana e dal pool anti-casalesi guidato dal procuratore aggiunto Federico Cafiero De Raho. Un lavoro inquirente fatto in silenzio e con grande professionalità, che a poco a poco ha indebolito il sistema di protezioni e connivenze di cui il malavitoso si era circondato. L'ultima sciabolata è stata inferta il 26 maggio 2008, con un maxi-blitz che smantellò la rete di porta-ordini del boss, in cui rimase coinvolta anche la moglie, Enrichetta Avallone. Nell'abitazione di Iovine, gli investigatori trovarono pellicce, mobili di lusso, orologi e gioielli di valore che non fu possibile però sequestrare perché ogni oggetto era accompagnato da un bigliettino di auguri che ne dimostrava la lecita «provenienza». Erano regali di amici e conoscenti per “'o ninno”.
Sulle modalità della cattura, si è espresso il procuratore della Repubblica, Giovandomenico Lepore, sottolineando nel corso di un'apposita conferenza stampa la copertura offerta a Iovine dalla gente del posto, mentre il capo della Squadra mobile, Vittorio Pisani, ha spiegato che gran parte del lavoro investigativo si è basato su pedinamenti e intercettazioni ambientali e telefoniche. Per il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, “il prestigio di Iovine è crollato e adesso la sua organizzazione perde credibilità”.
La notizia dell'arresto del padrino, giunta nel giorno della polemica a distanza tra Roberto Saviano e il ministro dell'Interno Maroni sulle dichiarazioni dello scrittore riguardo ai rapporti tra Lega Nord e 'Ndrangheta durante la trasmissione “Vieni via con me”, è stata salutata anche dal mondo politico con unanime parole di grande apprezzamento per l'operato delle forze dell'ordine e della magistratura. Per il titolare del Viminale, si “tratta di una bellissima giornata per la lotta alla mafia”, mentre il presidente del Senato e quello della Camera hanno inteso soffermarsi sui risultati raggiunti nella lotta alla criminalità organizzata. “Anche questa ulteriore cattura dimostra che lo Stato c'è e che le Istituzioni sono unite nella lotta al crimine”, ha detto Renato Schifani, mentre Gianfranco Fini ha ribadito che “la lotta alla criminalità organizzata è uno degli obiettivi primari cui tendere, senza mai abbassare la guardia”.
Il Guardasigilli, Angelino Alfano, ha invece annunciato di essere pronto, fin da subito, a firmare la richiesta di regime di carcere duro nei confronti del capo-camorra: “Una ulteriore conferma - ha aggiunto il ministro della Giustizia - che la squadra Stato vince e l'antimafia giocata batte quella parlata”.
(Pubblicato su "Il Sole24Ore" del 18 novembre 2010)

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