mercoledì 15 aprile 2009

Skype e le intercettazioni

Che il pericolo esista, i magistrati della Procura nazionale antimafia lo sanno già da due anni, da quando – cioè – le procure maggiormente impegnate a fronteggiare il terrorismo e il traffico internazionale di stupefacenti si sono accorte che, nelle intercettazioni, improvvisamente si apriva una voragine, un buco nero, che inghiottiva intere settimane di comunicazioni, di trasmissioni di notizie fondamentali per l’accertamento dei reati. I telefoni dei sospettati d’un tratto ammutolivano, ma le trattative e le operazioni continuavano.

«Ed era un mistero capire come si parlassero persone che sapevamo non si erano incontrate», afferma Alberto Cisterna, responsabile del settore intercettazioni alla Direzione nazionale antimafia, «poi, a poco a poco, abbiamo capito». Skype, il più diffuso sistema di comunicazione web al mondo, è il regalo più straordinario che la tecnologia potesse fare al mondo della criminalità organizzata. «Impossibile da decriptare senza i codici sorgente», aggiunge Cisterna, «inviolabile, allo stato attuale». In pratica, l’arma del delitto perfetto.

Dottor Cisterna, quanto è concreto il pericolo di trovarci di fronte a un fortino inespugnabile dell’etere?


«È già più che concreto come pericolo, dal momento che la stessa società pubblicizza l’assoluta sicurezza delle conversazioni come il più prezioso dei servizi offerti».

Sono più difficili da affrontare le difficoltà di natura tecnologica, o legislativa visto che la sede legale dell’azienda produttrice del software si trova in Lussemburgo?


«Per quanto riguarda la questione territoriale, Eurojust (l’unità di cooperazione comunitaria sui temi della sicurezza e della giustizia, ndr) sta lavorando per trovare una soluzione in linea con le direttive europee esistenti. Sull’altro versante, invece, c’è purtroppo poco da fare: siamo davanti a un sistema che adopera degli algoritmi molto complessi, impossibili da decifrare senza i codici sorgente».


Quali tipologie di reato possono trovare vantaggio dall’utilizzo di Skype?

«Si va dai trafficanti di droga e di esseri umani ai terroristi, dai truffatori telematici ai pubblici ufficiali corrotti. È uno spettro che copre l’intero codice penale, di cui abbiamo conoscenza per i casi accertati. Solo che, paradossalmente, trattandosi di reati potenzialmente invisibili, non possiamo avere un quadro preciso della situazione».

Questa zona franca elettronica vale solo per Skype, o anche per altri software?


«Solo per quelli che utilizzano algoritmi simili a quelli di Skype. Il caso è esploso perché si tratta di un sistema di comunicazione conosciuto in tutto il mondo, ma non è l’unico».


E le chat?


«Vale lo stesso discorso: la chat di Skype, ad esempio, non si può intercettare».

Tra i «pizzini» di Bernardo Provenzano e la comunicazione web, qual è il sistema più sicuro?


«I “pizzini” andavano bene per controllare Cosa nostra entro in ristretto ambito territoriale, entro le mura di Corleone, per intenderci. Il crimine su scala mondiale, il crimine globalizzato ha bisogno di sistemi più evoluti».

In occasione della cattura del boss casalese Giuseppe Setola, gli inquirenti trovarono nel covo una sua foto scattata con una webcam. Anche la camorra si sta «informatizzando»?

«La modernità riguarda tutti. Personaggi del genere guardano la tv, leggono i giornali, sfogliano le riviste proprio come facciamo noi, dunque nulla di più facile che la notizia sia arrivata anche a loro. È ragionevole ipotizzare che ne siano a conoscenza. In alcuni casi, ne siamo sicuri, in altri c’è il dubbio. La criticità l’abbiamo individuata, non resta altro che risolverla».

(Pubblicata sul quotidiano "Il Roma)

I SISTEMI DI COMUNICAZIONE DEI BOSS

Dai «pizzini» di Bernardo Provenzano ai più moderni sistemi di comunicazione digitale: è la sfida che le forze del bene dovranno vincere, in un prossimo futuro, sulla criminalità organizzata nazionale e internazionale. Chat, VoIp, email e telefoni criptati possono rappresentare la chiave di volta – in un senso, o nell’altro – per affrontare lo strapotere economico-finanziario della «Mafia spa», cui la velocità di trasmissione delle informazioni interessa quasi quanto la velocità di circolazione dei capitali illeciti. E se il vecchio mafioso di Corleone ancora utilizzava biglietti dattiloscritti con una antiquata macchina da scrivere modello «Olivetti Lettera 22», riuscendo così a evitare ogni tentativo di spionaggio elettronico per quasi mezzo secolo, oggi i suoi più moderni «eredi» possono contare su una gamma quasi sconfinata di sistemi di comunicazione che sfuggono non solo all’attività di polizia giudiziaria, ma anche agli strumenti legislativi inibendo, di conseguenza, i meccanismi di controllo previsti dalla legge.

Ad esempio, in commercio è possibile acquistare – in perfetta legalità e con tanto di ricevuta fiscale – apparecchi telefonici anti-intercettazione, nati originariamente per proteggere le comunicazioni relative a segreti industriali e finanziari e potenzialmente «riconvertibili» per tutelare gli ordini e le parole di criminali e terroristi. La particolarità di tali linee consiste nell’appoggio a gestori di telefonia fissa e mobile diversi da quelli classici (Tim, Vodafone, Wind e 3) e, pertanto, «invisibili» ai radar delle forze dell’ordine. Stesso funzionamento anche per la scrittura e la ricezione delle mail, pur se – bisogna ammetterlo – sarà sempre più facile per un delinquente parlare che scrivere. Come si dice: verba volant, scripta manent.

1 commento:

  1. Complimenti per il libro "Faida di Camorra" e per lo stile di scrittura molto coinvolgente: leggere è un piacere!

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