venerdì 24 aprile 2009

Fantasmi d'Italia - Cosa nostra (prima puntata)


I super-ricercati di Cosa nostra sono nove: Vito Badalamenti (Cinisi), Giovanni Arena (Catania), Giuseppe Falsone (Campobello di Licata), Santo La Causa (Catania), Matteo Messina Denaro (Trapani), Gerlandino Messina (Porto Empedocle), Salvatore Miceli (Salemi), Giovanni Motisi (Palermo) e Domenico Raccuglia (Altofonte).

Il record di latitanza appartiene a colui che viene, unanimamente, considerato l’erede di Bernardo Provenzano e Totò Riina: Matteo Messina Denaro, ricercato dal 1993 per associazione mafiosa, strage, omicidio, devastazione, detenzione e porto di materiale esplodente e furto. Dal 29 giugno del 1994, sono state diramate le ricerche in campo internazionale, ma finora del boss trapanese nessuno è riuscito a sapere alcunché. Coinvolto nella stagione delle bombe a Milano e Firenze, Messina Denaro viene descritto dai collaboratori di giustizia come un amante della bella vita e delle belle donne, in stretti (e ossequiosi) rapporti epistolari con Binu Provenzano, al quale faceva pervenire periodicamente dei «pizzini» firmati Alessio.

Ultimamente, Messina Denaro è stato inserito al quinto posto nell’elenco dei criminali più pericolosi del mondo (dopo Osama Bin Laden e i capi della mafia messicana e russa), a testimonianza della sua attuale operatività. Una curiosità: è appassionato di videogiochi.

Tutti gli altri boss in fuga appartengono all’aristocrazia «mafiosa» siciliana e ricoprono – o hanno ricoperto, al tempo della «dittatura» corleonese – ruoli di primo piano nei mandamenti e nelle commissioni territoriali.

La cattura, negli ultimi tempi, dei pluridecennali latitanti mafiosi – Binu Provenzano, Salvatore e Sandro Lo Piccolo – ha però destabilizzato l’organizzazione verticistica del cartello criminale, provocando un momento di «fibrillazione», secondo quanto emerso dal rapporto annuale della Procura nazionale antimafia (Dna) recentemente depositato in Cassazione e alla commissione Antimafia. La Dna ha tracciato un profilo di Cosa nostra ancorata sempre più nella pubblica amministrazione, negli appalti e nella grande distribuzione alimentare. E che tenta di tornare a gestire il traffico internazione di droga. «E’ troppo nota – hanno scritto i magistrati della Dna – la capacità di Cosa nostra di ristrutturarsi e di riorganizzarsi, mantenendo intatte la sua vitalità e la sua estrema pericolosità, perché ci si illuda che lo Stato, approfittando della sua momentanea debolezza, possa più agevolmente e definitivamente sconfiggerla». La procura nazionale sottolinea che «gli organi deputati al contrasto di Cosa nostra hanno bisogno di poter disporre di nuovi, più affinati e sempre più efficaci, strumenti normativi per tenere testa all’organizzazione criminale; la quale, com’è noto, ha una spiccata abilità nel mettere in campo sofisticate tecniche di resistenza per fronteggiare l’azione repressiva dell’autorità giudiziaria».

La caccia ai grandi latitanti mafiosi è appena all’inizio.

5 commenti:

  1. Grande Simone! Ho appena finito di leggere il tuo libro (l'ho divorato). Quando avrò la possibilità di leggerne un altro?

    RispondiElimina
  2. Ti ringrazio, mi fa molto piacere che ti sia piaciuto. Non hai un profilo facebook?
    saluti,
    Simone

    RispondiElimina
  3. e un illusione sconfingere la mafia

    RispondiElimina
  4. la caccia è al inizio ma non darà mai risultati è un illusione ssconvincere la mafia

    RispondiElimina
  5. sconvincere la mafia= illusione

    RispondiElimina