lunedì 23 novembre 2009

La storia del clan Mazzarella

Da borgo di pescatori, San Giovanni a Teduccio diventa, a metà degli anni Settanta, il centro nevralgico del contrabbando internazionale di sigarette: con la crisi delle aziende conserviere e la riduzione di commesse per la locale sede della Cirio – che fin dagli anni Trenta offre lavoro agli abitanti della zona -, il crimine diventa l’unica e solida fonte di sostentamento per i residenti.
È una storia che può apparire vecchia, ma purtroppo vera.
Comincia, per prima, la famiglia Zaza a cui succedono, nel corso di un decennio, i nipoti Vincenzo, Gennaro e Ciro Mazzarella, al seguito dei quali s’ingrossa, di anno in anno, un esercito senza nome di disperati e disoccupati, sbandati e tossici che cercano la ricchezza facile senza troppa fatica. Molti di loro finiranno in carcere e altri, più sfortunati, in una cassa di legno, sottoterra.
L’espansione dei traffici illeciti – dal commercio delle bionde si passa ben presto all’usura e alle truffe – comporta una corrispondente espansione territoriale che si sviluppa seguendo i vicoli bui che, dall’area orientale, portano al cuore della città: Vincenzo Mazzarella si insedia nel rione Luzzatti, a Poggioreale, mentre il fratello Gennaro inizia a controllare il business del malaffare nella zona del Mercato e del Pallonetto di Santa Lucia, per arrivare fino a Chiaia e alla Torretta. Con loro ci sono parenti e amici d’infanzia che vanno a formare gli organi direttivi del clan.
L’ingresso nei ranghi della Nuova famiglia e la vicinanza dei Mazzarella alle cosche mafiose siciliane (ne parleranno pentiti del calibro di Antonino Calderone, Francesco Marino Mannoia, Gaspare Mutolo) incrementano gli utili del clan, che a metà degli anni Ottanta trova una sconosciuta e gigantesca forma di guadagno: il traffico di droga.
Per meglio gestire il business, i Mazzarella stringono accordi con i Giuliano di Forcella, finendo per inglobarli sul finire degli anni Novanta e sostituirli alla guida del rione, con i Misso della Sanità, con i Sarno di Ponticelli e con i trafficanti del network camorristico Di Lauro di Scampia.
La piccola famiglia criminale, nata e cresciuta all’ombra del padrino Michele Zaza, diventa così una delle realtà delinquenziali più pericolose e agguerrite del capoluogo, con interessi legali e paralegali nel settore alimentare, nell’abbigliamento e nell’edilizia.
L’espansione territoriale procede, infatti, non solo in direzione del centro di Napoli, dove si avverte la mancanza degli storici gruppi, spazzati via dalle inchieste antimafia, ma anche e soprattutto in provincia; i soldati dei Mazzarella iniziano una lenta e inarrestabile colonizzazione nel Vesuviano (Marigliano, Mariglianella, Brusciano, Castello di Cisterna e Pomigliano d’Arco) sulla quale, da qualche anno a questa parte, la magistratura sta indagando con crescente incisività, e in alcune regioni del Centro (Umbria e Abruzzo).
L’ombra della famiglia di San Giovanni a Teduccio si allunga su una sostanziosa fetta del malaffare cittadino (suoi referenti si trovano anche a Fuorigrotta e Bagnoli) tanto da suscitare la furia omicida dell’Alleanza di Secondigliano, che ingaggia una guerra senza quartiere per farla sparire dalla mappa della malavita organizzata della Campania. Una battaglia estenuante, che porterà su Napoli l’attenzione della stampa nazionale e internazionale.
Sul fronte interno, la cosca dei Mazzarella deve respingere gli attacchi sferrati dai Rinaldi, ex alleati cui è legata anche da vincoli di parentela, che controllano il rione Villa e alcuni territori al confine con Barra. La posta in gioco è sempre una: il controllo del mercato della droga.
La doppia contrapposizione armata provoca una lunga scia di sangue che, con tutta probabilità, non è ancora terminata, visti gli ultimi sviluppi. Due dati fanno riflettere sulla brutalità di questo conflitto: dal 9 al 18 febbraio 1998 si contano sull’asfalto dieci morti ammazzati in dieci giorni; mentre dal 2 al 13 giugno 2000 sono tredici i cadaveri raccolti tra nell’area orientale della città. Gli agguati, gli attentati e le intimidazioni – ferimenti, gambizzazioni – continuano per settimane e settimane.
Sul finire degli anni Novanta, gli uffici investigativi registrano una prima riorganizzazione del clan riguardante il profilo finanziario. Sottogruppi dei Mazzarella si trasferiscono nel Comasco, con l’obiettivo di trasferire, in conti cifrati in Svizzera, i soldi – due miliardi di lire alla settimana – incassati con il contrabbando di sigarette nel nord Italia. Tre fiduciari della banda camorristica saranno identificati e arrestati e, da allora, i canali di esportazione del denaro sporco prendono altre strade.
Ma quasi tutte le proiezioni internazionali della famiglia sono oggetto di indagine dell’Interpol e della Dia, che individuano “cellule” del clan in Spagna, in Montenegro e in Francia, dove – peraltro – trovano rifugio i capi costretti alla fuga dalle inchieste dell’autorità giudiziaria e dalla caccia all’uomo scatenata dai sicari rivali.
L’incessante azione delle forze dell’ordine e della procura antimafia, negli ultimi anni, hanno demolito il potere militare della cosca – come dimostrato dai pentimenti di alcuni dei suoi esponenti di maggiore spicco – e ridimensionato quello economico, grazie alle indagini patrimoniali che hanno portato al sequestro e alla confisca di ingenti patrimoni illegali, intestati a prestanome ma nelle disponibilità dei capicamorra e dei loro parenti.
Da recenti inchieste, è emerso che dal solo racket delle estorsioni a Forcella e alla Maddalena – commesso finanche nei confronti di poveri venditori ambulanti, costretti a pagare 70 euro a settimana, e dei commercianti cinesi – il clan incassa oltre 200mila euro al mese, parte dei quali serve a stipendiare gli affiliati detenuti mentre la restante porzione viene investita in attività lecite, come pizzerie, ristoranti e Internet point.
Che il clan, dopo gli arresti e le condanne pesantissime che hanno di fatto decapitato l’organizzazione, sia in difficoltà emerge dagli atti di una indagine del 2006 a carico delle paranze di estorsori dei Mazzarella.
In una intercettazione, infatti, si ascolta un commerciante lamentarsi al telefono con un amico, a proposito dei rastrellamenti effettuati dagli emissari della famiglia: «Il fatto è che questi vedono fare un buco in mezzo alla strada? Vanno lì e vogliono 100 euro. Fermano un cantiere la settimana scorsa, hanno fermato un cantiere per 200 euro al mese, è stato due giorni sopra ad un cantiere per avere 200 euro, siamo proprio alla fine...».

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