venerdì 1 gennaio 2010

Il profilo criminale di Maurizio Prestieri

Maurizio Prestieri è stato, per anni, uno degli uomini più fidati del boss Paolo Di Lauro, tanto da poterlo accompagnare nei suoi viaggi all’estero – fu fermato a un posto di blocco, nel 1996, a Tolmino, al confine con la Slovenia, in compagnia di Ciruzzo ’o milionario e di Francesco Fusco, altro affiliato della cosca di Scampia – e curarne la protezione durante gli spostamenti a Napoli e nel resto d’Italia.
È sempre lui, infatti, che in occasione dell’interrogatorio in Procura di Paolo Di Lauro sull’aggressione al maestro della scuola frequentata dai figli, contatta gli altri “colonnelli” del network mafioso per organizzare il servizio di scorta. Sua è la voce, intercettata dagli agenti della Squadra mobile partenopea, che chiede a Vincenzo Di Lauro l’autorizzazione a «calzarsi», ad attendere – cioè – armato il rilascio del padrino.
Finisce in manette, una prima volta, nel settembre del 1991, quando i carabinieri del nucleo operativo “Napoli 1” lo sorprendono, in un appartamento in piazza Libertà, a Secondigliano, insieme ad altri tre complici e a otto chili di hashish, pronti per la suddivisione in dosi.
Nel febbraio 1998, in concomitanza con l’avvio delle prime, vere, indagini sul gruppo di Ciruzzo ’o milionario, finisce una seconda volta in galera sulla base di un decreto di fermo spiccato dall’allora pm Antimafia Luigi Bobbio. Prestieri si era infatti sottratto alle ricerche dopo un incidente stradale verificatosi il 26 novembre dell’anno precedente, sull’autostrada Roma-Napoli, nel quale erano rimaste uccise tre persone che viaggiavano su una Ford Galaxy, a lui intestata. A bordo della vettura, vennero ritrovati cinque chili di cocaina – del valore di decine di milioni di lire – che gli occupanti stavano trasportando dall’estero a Secondigliano. Ma la detenzione, pure in questo caso, non è molto lunga.
L’ordinanza di custodia cautelare per associazione camorristica e droga, spiccata nel settembre 2002, a carico di capi e gregari dei Di Lauro, lo costringe ben presto a ripararsi in Spagna, dove viene arrestato dai carabinieri del comando provinciale di Napoli. È il 29 giugno 2003, quando i militari e la Guardia civil lo bloccano all’interno di un bar a Marbella, mentre si trova in compagnia dei familiari. Aveva scelto quella località per le vacanze estive.
La magistratura lo indica come il capo del sottogruppo criminale che si occupa del malaffare nel rione Monterosa, da sempre ritenuto il “feudo” di camorra della famiglia Prestieri. Da quel momento, la vita passata tra lussi, viaggi, gioco d’azzardo e vagonate di miliardi guadagnate con il traffico di droga, diventa un amaro ricordo. Due anni dopo, arriva la condanna che lo confina, per un paio di decenni, in carcere. Prestieri soffre i rigori della detenzione e, così, decide di passare a collaborare con la giustizia, iniziando a svelare i mille misteri del potente clan di Paolo Di Lauro. Ai magistrati della Dda racconta gli esordi nel mondo del crimine, soffermandosi – in particolare – sulle strategie utilizzate dai narcos del suo ex gruppo per introdurre tonnellate di droga a Napoli.
Le informazioni di cui ha diretta conoscenza rappresentano, però, un problema per la camorra di Secondigliano, tanto che – nel corso di un interrogatorio – Prestieri afferma di aver ricevuto una offerta di un milione di euro in cambio della ritrattazione. Rifiuta la proposta e denuncia tutto alla magistratura. Partono le indagini. L’ex padrino – frequentatore di night club e casinò – non torna indietro e continua a riempire verbali su verbali sugli innominabili segreti della cosca di via Cupa dell’Arco.

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