La supremazia criminale nei Quartieri Spagnoli è stata caratterizzata, fin da subito, dal sistematico ricorso alla violenza da parte del clan Mariano, che ha dovuto contrastare non solo la scissione interna degli ex luogotenenti Antonio Ranieri e Salvatore Cardillo ma anche ingaggiare lotte all’ultimo sangue contro la famiglia Di Biase e altre formazioni più piccole, tutte interessate a mettere le mani sul business del malaffare nella zona di Chiaia.
Allo stesso modo, quasi per compensazione, il clan ha sempre goduto di alleanze e appoggi strategici, come quelli offerti dai Giuliano di Forcella e dai Licciardi-Contini di Secondigliano, che ne hanno rafforzato l’autorità e garantito, spesso, la sopravvivenza nei momenti di maggiore crisi.
Poco si è invece saputo a proposito del patto che ha legato i Mariano alla famiglia Malventi di Fuorigrotta, un patto siglato – secondo le parole del pentito Pasquale Frajese – sul cadavere del boss Giovanni Di Costanzo e dei suoi tre guardaspalle, ammazzati all’interno del Circolo Canottieri nel dicembre del 1989, per fare un favore ai nuovi alleati, per i quali Di Costanzo rappresentava un ostacolo per un piano di speculazione edilizia nell’area flegrea. Il padrino venne ucciso a bruciapelo, mentre gli affiliati – attirati nelle docce con il pretesto di un droga-party – vennero fatti inginocchiare e giustiziati con un colpo alla nuca.
Ma la storia della camorra dei Quartieri Spagnoli è indissolubilmente legata alla strage del Venerdì Santo del 29 marzo 1991, quando un commando appartenente alla frangia “ribelle” uccide tre affiliati ai Mariano e ne ferisce cinque. Il giorno dopo arriva la risposta dei “Picuozzi”, a Porta Nolana, dove i killer inviati da Ciro Mariano cercano di ammazzare tre scissionisti sparando tra la folla. Nel tentativo di sventare l’agguato, viene gravemente ferito il poliziotto Salvatore D’Addario, che morirà due giorni dopo in ospedale. A lui, si aggiunge un’altra vittima innocente della guerra dei vicoli: il comandante di marina in pensione Vincenzo Ummarino, ucciso per errore durante una sparatoria.
In quegli stessi anni, i Quartieri Spagnoli sono lo scenario di altre violenti faide che vedono contrapposti i Mariano ai Di Biase e questi ultimi alla famiglia Russo, definitivamente sconfitta con la scomparsa degli eredi del capostipite, Domenico Russo, soprannominato Mimì dei cani; e l’entrata in scena delle Teste matte, una formazione che si rifà, nel nome, all’omonimo gruppo della tifoseria organizzata del Napoli, interessata a occupare gli spazi lasciati vuoti dal tramonto dei clan dominanti. Così come accaduto, in tempi più recenti, con la riorganizzazione dei Terracciano, un tempo vicini ai Mariano, sgominati da una inchiesta della Procura antimafia nel 2006, che avevano monopolizzato i traffici illeciti nella zona delle Chianche, vicino a piazza Carità. Per l’accusa, imponevano il racket agli esercizi commerciali e alle case di appuntamenti di prostitute e transessuali.
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