martedì 9 giugno 2009

Nicola Panaro superlatitante casalese


Con Nicola Panaro, sale a quota quattro la pattuglia di super-latitanti casertani (nello speciale elenco del ministero dell’Interno già ci sono Michele Zagaria, Antonio Iovine e Mario Caterino) a cui dà la caccia il gruppo speciale interforze del Viminale. Quarantuno anni, nato a Casal di Principe, è ricercato dal 2003 per associazione mafiosa ed estorsione; deve scontare nove anni e quattro mesi di reclusione ed è ritenuto, sulla scorta delle informative delle forze dell’ordine, componente del direttivo che guida il cartello malavitoso di Terra di Lavoro.
La prima inchiesta nella quale resta coinvolto insieme ad altri esponenti del gruppo casalese risale al 1996, quando la Dda spicca nei suoi confronti un mandato di cattura per racket e camorra. I poliziotti riescono ad arrestarlo soltanto tre anni dopo, sorprendendolo (è il 27 marzo 1999) in un appartamento, mentre è a cena con la moglie. Gli agenti raggiunsero l’abitazione dopo aver scavalcato un alto muro di cinta di un edificio che, dall’esterno, appariva ancora in costruzione. Davanti al portone del palazzo era stato inoltre parcheggiato un camion carico di prodotti per l’edilizia e materiale di risulta per sviare l’attenzione degli investigatori.
Nel 2002, Panaro – nipote del boss Francesco Schiavone «Sandokan» – fa perdere le tracce dopo la scarcerazione, disposta dalla prima sezione della Corte d’assise di Santa Maria Capua Vetere, al termine del processo Scalzone, nel quale era imputato con l’accusa di omicidio. L’imprenditore edile Aldo Scalzone, noto come l’«avvocato», era stato ucciso nel 1991 a San Cipriano d’Aversa perché ritenuto un confidente della polizia; gli avvocati di Panaro riuscirono però a dimostrare che nessuno dei cinque pentiti alla base delle indagini aveva fatto esplicito riferimento al loro assistito, ottenendone – al termine del dibattimento – l’assoluzione e il ritorno in libertà. Da allora, Nicola Panaro scompare dalla circolazione.
Di lui si sa soltanto che gestisce le paranze di estorsori che rastrellano la provincia di Caserta ogni mese ed è a lui che «copertone», il contabile dei Casalesi arrestato nel settembre scorso, relazionava sull’andamento dei flussi di cassa del clan, che eroga – ogni mese – stipendi per oltre 300mila euro.
(pubblicato sul quotidiano "Il Roma")

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